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Pioneer, strappo Unicredit - Tremonti

3/2/2011 | Federico Leardini

Piazza Cordusio orientata ad accantonare l'ipotesi della fusione con Eurizon, nonostante le spinte a chiudere dai vertici dell'economia italiana


TREMONTI CONTRO TUTTI - La fusione Eurizon - Pioneer potrebbe già essere storia.

Dopo mesi di speculazioni e inviti al matrimonio da parte dei vertici dell'economia nostrana, pare siano arrivati i primi segnali chiari da Piazza Cordusio.

L'ipotesi più accreditata pare sia quella del ritorno di fiamma per una valorizzazione estera del marchio Pioneer, che passerebbe attraverso un'offerta di Amundi, Natixis o Revolution.

Le offerte vincolate sono attese per marzo.

Chiusura, quindi, al grande polo italiano tanto caldeggiato da Tremonti e soci.

Una soluzione che servirebbe a "promuovere" l'italianità del risparmio gestito creando un gruppo da 180 miliardi che si contrapporrebbe, quantomeno a livello di appeal ai gruppi esteri che stanno garantendosi sempre maggiori quote del mercato nostrano.

Proposta che aveva trovato un forte assenso nei salotti di Ca' de Sass; meno, evidentemente, in quelli di Piazza Cordusio, decisamente più interessati alla valorizzazione massima del loro asset piuttosto che all'idea di creare un campione italiano del risparmio gestito.

 

ORIZZONTE FRANCESE - Una scelta dettata dalla necessità di fare cassa che accomuna tutte le banche italiane alla vigilia di Basilea 3 e che, per Unicredit, può essere perseguita proprio attraverso il ricorso all'asset Pioneer.

Per Nomura, Unicredit ha bisogno di rafforzare i propri ratio patrimoniali: a fine 2012 il livello ottimale di common equity sarà dell'8,9% e questo si tradurrebbe in un fabbisogno di patrimonio di circa 3,3 miliardi.

Che dovrebbe crescere ancora se venissero sposate le richieste di Tremonti, che vorrebbe un 10% di core tier 1 per le banche di "imprtanza sistemica".

Secondo le stime la società guidata da Robert Yates vale 2,5 miliardi, ma da Piazza Cordusio, contano di ricavare qualcosa di più, circa 3 miliardi.

E sebbene i vertici facciano sapere che le porte per un accordo con Intesa siano ancora aperte (il presidente Rampl a Verona nel weekend ha affermato che i contatti sono ancora aperti con tutti e che si sta guardando ad ogni possibilità) pare che a queste cifre, per fare l'affare, sia leggittimo credere che lo sguardo sia da rivolgere oltralpe.

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