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S.O.S Consulenti (ex-promotori): come gestire il dopo-Grecia

6/18/2012 | Italo Marchesi

Le elezioni parlamentari in Grecia hanno riportato in evidenza le contraddizioni di Eurolandia. Cosa rispondere al cliente che chiede che fine farà l'Euro? Ecco tre scenari possibili.


 

Le elezioni parlamentari in Grecia hanno riportato in evidenza le contraddizioni di Eurolandia e richiamano i mercati alla realtà ricordando a tutti i paesi del vecchio continente che “condizioni finanziarie molto disomogenee tra Paesi europei, stanno generando divergenze economiche difficilmente sostenibili”. Ad affermarlo è Andrea Delitala Head of Investment Advisory di Pictet Asset Management, che, raggiunto da Advisoronline, ricorda come, al di là degli esiti della tornata elettorale in Grecia, l’Europa si appresta a vivere una vera e propria Odissea che potrebbe ancora avere tre scenari differenti: rilancio dell’euro, status quo o frattura dell’Unione Monetaria Europea. 
Quali conseguenze avranno sui mercati e sui portafogli della clientela questi tre scenari? Lo abbiamo chiesto a Delitala (Pictet): ecco la sua risposta
 
Rilancio dell’Euro
La migliore delle prospettive. Da tempo indichiamo nella maggiore integrazione, nonché mutualità, fiscale uno dei requisiti principali di sopravvivenza dell’EMU. Se per gli Eurobond (o forme simili di risk pooling) i tempi non sono maturi, delineare il percorso che vi porti in tempi ragionevoli con i prerequisiti di convergenza politica ed economica, darebbe un segnale decisivo. Altrettanto cruciale, sarebbe una maggiore tutela della stabilità finanziaria da parte di BCE ed European Stability Mechanism, a beneficio dei Paesi che abbiano intrapreso la via della stabilità e/o convergenza (riduzione del 5% all’anno) del rapporto debito/PIL: così si vedrebbe anche la carota e non solo il bastone per chi soddisfa gli impegni di risanamento assunti col Fiscal Compact. Ben vengano le riforme strutturali e l’eventuale ‘Growth Compact’ anche se la crescita economica difficilmente scaturisce da decreti a saldo nullo. L’ipotesi migliore sarebbe un’accelerazione della domanda esterna, dato il rigore fiscale che i Paesi di Eurolandia si sono auto-imposti sotto la spinta disciplinante (ma schizoide) dei mercati.
 
 
 
Status Quo
Lo scambio implicito nell’adesione all’euro, di rinuncia alla flessibilità (dei cambi) per avere condizioni finanziarie stabili (tassi bassi e stabili) è stato effimero: oggi per i Paesi periferici rimane solo la rinuncia, mentre le condizioni finanziarie somigliano sempre più ad una punizione. Perseguire la stabilizzazione dell’Eurozona in queste condizioni, significa moratoria di bilancio per la grande maggioranza dei Paesi, e differenziali ampi di crescita e inflazione tra Germania e i maggiori partners: un processo lungo e penoso che piace a pochi, probabilmente neppure alla Germania. Questa condizione non può dunque perdurare per i destabilizzanti rischi sociali e politici già enumerati; può essere solo un passaggio intermedio verso uno degli altri due scenari. Nell’ipotetico tragitto verso l’Unione Fiscale (scenario prevalente), la Banca Centrale Europea dovrà avere il compito di salvaguardare la stabilità finanziaria dell’area Euro, senza nascondersi dietro il dogma unico della stabilità monetaria, che interessa oramai solo la Germania, ed anche in questo caso quasi più a livello di principio che per imminenti segnali preoccupanti nel meccanismo moneta-prezzi finali. Data l’impossibilità di attuare politiche fiscali espansive, è quindi plausibile un dibattito anche acceso sul ruolo della BCE, fino a mettere in discussione il consenso all’interno del suo direttorio e forse persino il suo rigido Statuto. Se la BCE non si piegherà all’occorrenza, si arriverà agli scenari di frattura.
Per definizione, lo scenario di consenso non ha grandi impatti sulle attività finanziarie. 
 
 
 
Addio Europa
Scenario inevitabile in caso di mancanza di crescita o maggiori sforzi verso l’integrazione fiscale. In sintesi, ci sono due sottocasi estremi. Nel primo caso, la Grecia abbandona la moneta unica per scelta o per asfissia sociale-politica: molti ritengono questo esito ormai probabile entro l’anno. Violata l’indissolubilità della moneta unica, il contagio potrebbe passare agli altri paesi deboli attraverso spread dilatati da premi per il rischio di uscita-svalutazione, che favorirebbero le note circolarità del mercato. Pur attivando difese poderose (SMP massicci della BCE, interventi coordinati delle BC), le azioni perderebbero generalmente terreno; dopo un’iniziale fase di assestamento, le azioni greche (e quelli dei Paesi che la dovessero seguire) trarrebbero qualche beneficio dalla svalutazione. I bond periferici soffriranno, mentre i titoli tedeschi saranno avvantaggiati, anche se per poco tempo; una volta posata la polvere, l’uscita dei paesi deboli sarà un piccolo punto a vantaggio dell’euro. Un’ipotesi opposta, che è anche il minore dei mali, sarebbe invece l’uscita della Germania dall’Euro, essendo il paese meno omogeneo con il resto dell’area: la Germania crea un nuovo Deutsche Mark e lascia l’Euro agli altri. 
 

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