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6/19/2024 | Daniele Riosa
Per completare in maniera efficace il classico fondo pensione non c’è strumento migliore che il piano di risparmio in ETF. Questo è quanto emerge da uno studio condotto dai professori Michele Raitano e Marco Di Pietro dell'Università La Sapienza, e commissionato da Trade Republic. I piani di accumulo in ETF azionari globali, infatti, sono stati storicamente un potente complemento ai fondi pensione per investire a lungo termine, generando rendimenti annui superiori di 1,8 punti percentuali in 20 anni rispetto alla media dei fondi pensione.
Emanuele Agueci (in foto), regional manager per l'Italia, l'Irlanda e i Paesi Baltici di Trade Republic, sottolinea che “gli italiani sono ben consapevoli che il sistema pensionistico pubblico da solo non consentirà una pensione serena: comprendono la necessità di integrarlo con il risparmio e l'investimento privato. Con questo studio, siamo orgogliosi di offrire linee guida pratiche e allo stesso tempo scientifiche per un investimento sostenibile sul lungo periodo. Le conclusioni della ricerca sono chiare: i piani di risparmio in ETF sono un complemento molto potente ai classici fondi pensione per pianificare la propria pensione. Per questo "siamo impegnati incessantemente nella costruzione della migliore piattaforma per combattere la crisi delle pensioni attraverso l'investimento in ETF: l'ultima aggiunta è un'innovativa carta di debito Mirror che consente di investire gratuitamente in ETF spendendo".
Passando ai numeri emersi dallo studio, emerge che il 97% degli italiani pensa che sia necessario integrare la pensione pubblica e il 65% è convinto che la pensione pubblica da sola non sarà sufficiente per vivere dignitosamente dopo la pensione. In aggiunta, le fasce più fragili della popolazione, ossia disoccupati e le fasce di reddito più basse, sono quelle che hanno maggiori probabilità di non avere alcuna forma di previdenza integrativa: il sistema pensionistico pubblico non è equo e manca di strumenti semplici e accessibili di investimento privato.
Lo studio si avvale di un sondaggio condotto da BVA Doxa su un campione di 2000 italiani. “L’aumento dell’età pensionabile ha spiazzato la previdenza privata”, commenta il Prof. Michele Raitano, co-autore della ricerca. Prosegue: “Alle età pensionabili attuali chi avrà carriere stabili riceverà una pensione pubblica adeguata. Per loro la motivazione a investire nella previdenza integrativa dipende dal contributo datoriale e, soprattutto, dai consistenti vantaggi fiscali, generalmente regressivi. Chi avrebbe invece bisogno dell’integrazione, precari e working poor, non ha risorse adeguate e, dunque, non partecipa alla previdenza integrativa e non beneficia degli sgravi fiscali”.
Secondo una nuova ricerca, commissionata da Trade Republic al Prof. Michele Raitano (Direttore del Dipartimento di Economia e Diritto) e al Prof. Marco Di Pietro (Professore Associato di Politica Economica) dell'Università La Sapienza di Roma, gli italiani sono ben consapevoli che il sistema pensionistico pubblico non garantirà loro la tranquillità dopo la pensione. Lo studio si basa su un sondaggio condotto da BVA Doxa su 2000 italiani: alla domanda su come si sentono riguardo alla propria situazione finanziaria dopo il pensionamento, il 74% degli intervistati prova emozioni negative ("preoccupazione", "sconforto", "tristezza" o "incertezza").
Inoltre, il 65% degli intervistati sa che la pensione pubblica da sola non permetterà loro di vivere dignitosamente dopo il pensionamento. Gli italiani temono poi che l'età pensionabile prevista continui ad aumentare ben oltre i 70 anni. Un risvolto positivo è che il 18% ritiene sia meglio integrare la propria pensione pubblica investendo privatamente in strumenti finanziari. E soprattutto, le giovani generazioni mostrano una maggiore propensione all'investimento autonomo e in particolare all'investimento in ETF: gli intervistati di età inferiore ai 34 anni hanno infatti la più alta probabilità di combinare un fondo pensione privato con l'investimento in ETF (44%) e la più alta probabilità di scegliere un ETF invece di un fondo pensione (18%).
Le generazioni più giovani hanno compreso l'importanza di iniziare a investire presto per la pensione a costi di gestione bassi e in modo diversificato. Lo studio evidenzia anche quali strati della società sono più a rischio di trovarsi in condizioni finanziarie sfavorevoli dopo il pensionamento. Il 68% di chi si trova senza un impiego e il 50% di coloro che attualmente guadagnano meno di 1000 euro al mese non ha alcuna forma di investimento o previdenza complementare. I maggiori esclusi dalla previdenza complementare sono coloro che sono più a rischio di povertà dopo il pensionamento: lo studio sottolinea che i lavoratori ad alto reddito e i lavoratori stabili sono quelli che beneficiano maggiormente degli incentivi fiscali dei fondi pensione privati. I lavoratori a basso reddito e i lavoratori precari non hanno accesso ai fondi pensione e alle loro agevolazioni fiscali, creando così un circolo vizioso. Sempre più italiani sono interessati a migliorare le proprie prospettive pensionistiche. A questi ultimi, lo studio fornisce raccomandazioni pratiche per una pianificazione finanziaria efficace.
Guardando alla performance storica, gli ETF azionari globali hanno performato meglio della media dei fondi pensione, con un rendimento del 6% all'anno contro il 4,2% del fondo pensione medio (ovvero il 43% in più ogni anno), al netto dei costi di gestione. I rendimenti più elevati in assoluto sono raggiunti dagli individui che reinvestono la liquidità extra derivante dalle deduzioni fiscali dei fondi pensione in piani di accumulo ETF azionari globali, combinando efficacemente le due forme di investimento. Il divario pensionistico riguarda tutti noi, con costi del sistema pensionistico pubblico che oggi ammontano al 16% del PIL, e destinati a crescere sempre di più.
La ricerca completa è disponibile sul sito di Trade Republic Italia all'indirizzo: https://assets.traderepublic.com/assets/files/StudioPensioni2024.pdf
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