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Petrolio pronto a un nuovo rialzo, l'Arabia traballa

3/11/2011 | Federico Leardini

Gli occhi degli investitori sull'Arabia Saudita, dopo che una rivolta è stata repressa dalla polizia a Qatif. Il petrolio torna a correre, mentre la Francia e la seconda compagnia estrattiva libica riconoscono di fatto il governo degli insorti a Benghazi


LA MINACCIA ARABA - E se quanto visto in questi mesi dall'Egitto alla Libia, non fosse che l'aperitivo per qualcosa di molto più grande, di una vera e propria svolta epocale per il mondo arabo?

Pur senza voler disegnare scenari geopolitici troppo fantasiosi quanto sta accadendo in Medioriente inevitailmente deve far riflettere sulla reale solidità di molte petroliocrazie e ipotizzare un futuro in cui, anche questi Paesi, possano esser retti da governi democratici, magari desiderosi di garantire una distribuzione più omogenea agli utili derivanti dalla cessione delle ricchezze del proprio sottosuolo.

La scintilla, covata per settimane guardando ai vicini nordafricani, ieri è scoccata anche in Arabia Saudita, il principale produttore mondiale di greggio e per il momento primo alleato dell'occidente nell'ammortizzazione degli effetti delle rivoluzioni popolari sul prezzo del petrolio.

Sulla base di quanto visto finora non si può sottostimare quanto osservato ieri a Qatif, centro estrattivo di primaria importanza sul confine orientale del Paese, dove un gruppo di circa 300 rivoltosi si sono scontrati con le forze di polizia nel corso di una manifestazione contro Re Abd Allah.

La polizia ha sgombrato le piazze della città ricorrendo a proiettili di gomma e bombe a percussione, senza provocare vittime tra i rivoltosi, ma l'esempio degli ultimi mesi sta ad indicare fulgidamente come il mondo arabo rappresenti una polveriera pronta ad esplodere e gli effetti di queste manifestazioni siano immediatamente riflessi sulle economie occidentali, che mai come oggi non necessitano di distrazioni come l'incremento senza controllo della bolletta energetica nel loro tentativo di riemersione dalla recessione.

Ovvio valutare gli effetti di una potenziale rivolta popolare contro la reggenza saudita come dirompenti per tutto il mondo occidentale, non solo per la quota di produzione che da Ryad e dintorni viene quotidianamente erogata verso Europa e Stati Uniti, ma, soprattutto, per il già citato ruolo di negoziatore in sede Opec che il sovrano saudita sta svolgendo negli ultimi tempi.

 

LA RIVOLTA IN LIBIA - E se dall'Arabia arrivano segnali di turbolenza, qualche migliaio di chilometri ad ovest, in Libia, ormai si cerca di trovare un'intesa in quella che è diventata una vera e propria guerra civile.

un segnale importante del fatto che nel paese sia in corso una ridefinizione degli equilibri politici e che un dopo-Gheddafi sia in fase di definizione si è avuto quando la seconda compagnia estrattrice nazionale, la Arabian Golf Oil Company, ha annunciato l'accordo con i ribelli che controllano la regione di Benghazi per la cessione del greggio prodotto dai campi locali.

"Agoco è ormai consapevole della rivoluzione in corso e stiamo tentando di gestire dei rapporti con i ribelli per garantire il commercio del petrolio estratto dai giacimenti sotto il loro controllo", ha fatto sapere al Financial Times un rappresentante della compagnia, accreditando il fronte nazionale antigovernativo di un controllo di fatto su una delle zone più ricche del paese, di grande rilevanza strategica nei rapporti con gli investitori occidentali.

Segnale reso ancora più forte dalla mossa a sorpresa della Francia che nella mattinata di ieri ha riconosciuto formalmente il Consiglio degli oppositori di Gheddafi e facendo balenare l’idea di andare in Libia per "raid aerei mirati".

Una mossa inattesa e apparentemente non concordata con gli altri vertiici europei, che spacca il fronte comune fin qui tenuto in piedi dai governi del Vecchio continente e potrebbe dare il via a una corsa all'accordo per garantirsi accordi commerciali vantaggiosi qualora il mai così instabile governo del Colonnello Gheddafi dovesse effettivamente collassare e gli insorti decidessero di non onorare i contratti siglati negli ultimi anni.

Probabile quindi, che nel corso delle prossime settimane si vada incontro a una serie di negoziazioni parallele tra le grandi compagnie occidentali e le forze di opposizione, per tutelarsi in vista di possibili sviluppi della rivolta nordafricana.

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