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10/25/2017 | Stefano Massarotto - Facchini Rossi Soci
Con la circolare numero 25/E del 16 ottobre scorso, l’Agenzia delle entrate è intervenuta sulle novità introdotte dall’articolo 60 del D.L. n. 50/2017 che ha disciplinato la fiscalità del cosiddetto carried interest, ossia dei proventi rivenienti dall’investimento effettuato nelle società, o nei fondi gestiti, da manager e gestori attraverso strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali “rafforzati”.
La disposizione è di assoluta rilevanza nel settore del private equity, superando le incertezze del passato: viene infatti stabilito che, al ricorrere delle condizioni ivi previste, tali proventi costituiscono in ogni caso redditi di natura finanziaria (escludendo quindi una loro qualificazione come redditi di lavoro dipendente o ad essi assimilati).
L’Agenzia chiarisce, tra l’altro, che il mancato rispetto dei parametri fissati dalla norma (ammontare minimo di investimento, holding period, hurdle rate) non comporta automaticamente la qualificazione dei proventi come redditi da lavoro, ma è necessaria una analisi caso per caso (considerando le clausole di good o bad leavership, l’esposizione al rischio di perdita del capitale, ecc.).
L’amministrazione finanziaria precisa inoltre che, se da un lato, risultano esclusi i professionisti (es. avvocati, dottori commercialisti ecc.), dall’altro sono ricompresi anche i manager e dipendenti di società di consulenza finanziaria (cosiddette advisory companies).
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