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2/15/2017 | Gianmarco Di Stasio - Russo De Rosa Associati
La recente sentenza 7 ottobre 2016, n. 20251 della Cassazione è l’occasione per riflettere sull’orientamento della Suprema Corte che ha esteso all’ambito della contrattazione preliminare principi consolidati in materia di contrattazione definitiva e ha ribadito concetti importanti in materia di azione revocatoria ordinaria.
Quanto al primo aspetto, si noti che secondo un principio generale costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, la vendita a terzi, con un atto trascritto, di un bene immobile che abbia già formato oggetto, da parte del medesimo venditore, di una precedente alienazione determina la violazione di un obbligo contrattualmente assunto nei confronti del precedente acquirente, comportando la responsabilità contrattuale dell'alienante con connessa presunzione di colpa ai sensi dell’art. 1218 c.c..
Il successivo acquirente, estraneo al primo contratto è altresì responsabile sul piano extracontrattuale ove risulti coinvolto in una dolosa preordinazione diretta a frodare il precedente acquirente, o almeno sia consapevole dell'esistenza di una precedente vendita e della sua mancata trascrizione, partecipando quindi all'inadempimento dell'alienante con l'apporto dato nel privare di effetti il primo acquisto.
Analizzando un caso in cui un promittente venditore, in violazione dell’obbligo assunto con un contratto preliminare, abbia venduto ad un terzo l’immobile promesso in vendita al promissario acquirente del preliminare inadempiuto, i giudici della Suprema Corte hanno ravvisato i medesimi profili di responsabilità sia per quanto riguarda il promittente venditore (per responsabilità contrattuale), sia per quanto riguarda il terzo acquirente (per responsabilità aquiliana, vale a dire, extra-contrattuale). Infatti, “il principio, affermato in caso di doppia alienazione immobiliare, vale logicamente anche nel caso, come quello di specie, di preliminare di vendita a seguito del quale, il promittente-venditore abbia alienato il bene oggetto del preliminare ad un diverso soggetto ed il promissario acquirente non abbia in precedenza trascritto la domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto.”
La Cassazione si è, infine, pronunciata sul quantum del risarcimento, sostenendo che “il risarcimento del danno, imputabile al promittente venditore per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di un bene immobile, consiste nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al momento in cui l'inadempimento è divenuto definitivo (che in caso di vendita a terzi, coincide con la trascrizione dell’atto) ed il prezzo pattuito”, non nel valore dell’immobile.
Tale sentenza è stata anche l’occasione per ragionare sull’applicabilità in tali casi dell’azione revocatoria. In tema di azione revocatoria, la consapevolezza dell'evento dannoso da parte del terzo contraente – condizione per l'azione ai sensi dell'art. 2901 c.c., comma 1, n. 2 - consiste nella generica conoscenza del pregiudizio che l'atto posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni dei creditori, non essendo necessaria la collusione tra terzo e debitore.
Tuttavia, nel caso di contratto preliminare di compravendita a seguito del quale il promittente-venditore abbia alienato il bene oggetto del preliminare ad un diverso soggetto, ai fini dell’azione revocatoria, i giudici hanno ritenuto che la prova che l'acquirente dell'immobile fosse a conoscenza del precedente contratto preliminare stipulato dal venditore non è sufficiente, essendo necessaria la prova della sua consapevolezza della dolosa preordinazione dell'alienante, consistente nella specifica intenzione di pregiudicare la garanzia del credito, ad esempio con la stipula di un secondo contratto a condizioni non di mercato o comunque peggiorative rispetto alla prima vendita.
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