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9/14/2016 | Gianmarco Di Stasio - Russo De Rosa Associati
Con l’annuncio della volontà di creare la “Fondazione Giorgio Armani” è (ri)emerso agli onori della cronaca uno strumento “tradizionale”, quasi già desueto nonostante sia stato normato abbastanza recentemente, di cui non si è mai in realtà smesso di indagare le potenzialità per un’efficace pianificazione patrimoniale e successoria.
Quando si evoca la fondazione e il celeberrimo nome Armani, è naturale pensare all’ennesima iniziativa filantropica di uno dei più importanti imprenditori italiani (e del mondo) nel settore della moda: né la prima, né l’ultima. Ma proprio così non è. La realtà è che la fondazione Armani non sarà il classico ente benefico dotato patrimonialmente di risorse da impiegarsi per il conseguimento di uno scopo sociale, ma avrà la forma e la sostanza di una fondazione titolare di impresa a vantaggio della famiglia, costituita dai nipoti dello stilista, e della comunità.
E’ lo stesso Armani infatti a svelare il duplice scopo della costituzione della fondazione: se da un lato, infatti, non manca quello di realizzare progetti di utilità pubblica e sociale, requisito comunque inderogabile per legge, è contestualmente, e apertamente, dichiarato anche quello di assicurare che, per il tempo in cui egli non sarà più alla guida dell’azienda, “gli assetti di governo del Gruppo Armani si mantengano stabili, rispettosi e coerenti” con quei principi, di lealtà, indipendenza, a cui si è ispirato nella sua carriera.
Evidentemente una simile notizia non poteva passare inosservata, non solo per la notorietà del protagonista, ma anche per l’aspetto più prettamente giuridico della faccenda. Il punto è questo: una fondazione per l’attività d’impresa: è davvero possibile? In particolare, la principale difficoltà che lo strumento fondazione presenta non è tanto la circostanza che la fondazione sia costituita per esercitare l’attività d’impresa (non deve, infatti, commettersi l’errore di ritenere inammissibile per una fondazione l’esercizio di un’attività imprenditoriale) quanto, piuttosto, il fatto che la compatibilità giuridica del trinomio fondazione-impresa-famiglia si fonda sull’assunto che il “valore finale” dell’attività non sia “privato”, ma, al contrario, in ultima istanza destinato a beneficio della collettività, secondo gli scopi sociali che della fondazione sono propri.
Alla luce di queste brevissime considerazioni, sarà interessante leggere lo statuto della Fondazione Giorgio Armani. Quel che appare dalle sole note stampa è che lo strumento fondazione sia stato utilizzato per predeterminare, con finalità tipicamente successorie, assetti e regole di funzionamento di una complessa organizzazione imprenditoriale, come quella del Gruppo Armani.
In questo contesto, un interesse sociale nell’attività aziendale (per esempio legato al mantenimento di determinati livelli occupazionali, alla destinazione di parte dell’attività di impresa a iniziative sociali, ecc.) dovrà emergere chiaramente lasciando sullo sfondo il permanente scopo di lucro. Tutto ciò pur salvaguardando l’interesse economico delle future generazioni della famiglia.
Volendo confrontare gli strumenti della fondazione e del trust, la principale differenza giuridica risiede in punto di governance, nel diverso livello di flessibilità: nel trust il disponente conserva maggiore libertà di manovra e, anche se lo spossessamento è definitivo ed irreversibile, mantiene un potere di modifica del regolamento istituivo. Nella fondazione invece il patrimonio è vincolato ad uno scopo e si realizza una piena autonomia e un radicale spossessamento del titolare.
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