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10/22/2014 | Redazione Advisor
L'industria del private banking è stretta tra due fuochi: da una parte una convergenza degli operatori su forme ibride in grado di sintetizzare gli elementi migliori dei modelli di servizio esistenti; dall’altra una valorizzazione più spiccata della componente di servizio al cliente con lo spostamento deciso del focus dal portafoglio finanziario al patrimonio totale del cliente.
La competizione tra modelli differenti s'interseca con la questione della redditività del servizio e l'evoluzione delle fonti di ricavo. Fino a pochi anni fa, infatti, gli utili arrivavano, in gran parte dalla negoziazione: più movimenti generavano più ricavi e più rischi (operativi ad esempio). Oggi invece, secondo un'analisi realizzata dall'Aipb, il Private Banking ricava mediamente il 33% dall’operatività e il 67% dalla capacità di selezionare e consigliare; per alcuni operatori gran parte dei guadagni arriva già dalle commissioni di gestione e di consulenza. Una radicale trasformazione che impone un ripensamento dell'industria e dei modelli di business su cui puntare.
La competizione, però, non si gioca solo all'interno del Private ma anche e soprattutto con il servizio Retail. Quest'ultimo, infatti, conserva una buona penetrazione proprio nelle fasce di clientela potenzialmente più redditizie e diventa residuale solo per patrimoni superiori ai 10 milioni di euro (vedi tabella). Per vincere la sfida, le banche private devono investire e innovare: puntare con decisione sul proprio modello, enfatizzando le peculiarità dei servizi a valore aggiunto e le differenze con l'attività bancaria tradizionale.
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