Appare gravoso compito quello della ristrutturazione della divisione italiana di UBS GWM affidata dallo scorso 11 settembre al neo-responsabile Giovanni Ronca.

Se infatti la prima banca svizzera dichiarava nell’ultimo annuario AIPB di gestire in Italia oltre 27 miliardi di euro di masse di fascia private (tra succursale italiana e fiduciaria con intestazione di patrimoni in Svizzera), segnalando quindi di aver perso circa 8 miliardi solo negli ultimi quattro anni, non aiuta granchè l’integrazione con il private banking di Credit Suisse, probabilmente il più importante dossier sulla scrivania di Ronca.

Se infatti Credit Suisse un anno fa vantava masse private per più di 25 miliardi (anche qui raccolta diretta e indiretta tramite fiduciaria italiana), una integrazione lenta e complicata sta facendo uscire la gran parte dei capitali e dei banker, tanto che le voci più pessimistiche segnalano che l’istituto di via Santa Margherita 3 abbia oggi in pancia ormai poco più di 2 miliardi di euro (e circa 250 dipendenti).

Ma la riorganizzazione della nuova struttura integrata sta iniziando dalla componente UBS, a partire dal suo volto più noto: Paolo Federici (in foto), alla guida del wealth management italiano della banca prima dell’arrivo di Ronca, sarebbe infatti in uscita. Secondo fonti ben informate l’addio dovrebbe avvenire tra fine 2023 e inizio 2024.

E non è l’unico cambiamento rilevante: UBS avrebbe infatti deciso di chiudere la divisione FIM, il Financial Intermediaries’ Business, ovvero la struttura (e piattaforma) con cui il gruppo offriva servizi bancari a primari operatori – da Azimut a enti religiosi, per fare degli esempi – oltre che a indipendenti che ne facessero richiesta. 

FIM, accreditata a 25 persone in Italia (fino ai recenti ridimensionamenti), gestiva recentemente 4,5 miliardi di masse (in calo rispetto ai 9 miliardi di massimo storico) e generava 10 milioni di ricavi annui.