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Un asset class alternativa con grande potenziale: i non performing loans

3/22/2023 | Redazione Private

Legislazione, regolamentazione e market practice stanno portando il mercato verso una sempre più elevata armonizzazione e trasparenza, segnala Riccardo Igne vice direttore generale e head of debt investments di Finint Investments SGR


Riccardo Igne, (nella foto) vice direttore generale e head of debt investments di Finint Investments SGR, ci racconta quali siano i motivi per prestare sempre più attenzione a un asset class ancora poco conosciuta ma con caratteristiche, dalla decorrelazione rispetto ai mercati tradizionali ai potenziali rendimenti a doppia cifra, che la rendono particolarmente interessante.

 

I non performing loans o NPL sono una asset class che solo recentemente si è affacciata al mondo degli investimenti: quali sono le sue principali caratteristiche e come si colloca nel più ampio spettro dei private markets?

Gli NPL rappresentano - nella più generale classificazione delle non performing exposure – la categoria di crediti definiti “in sofferenza”. Per loro natura presentano elementi di interesse perché, oltre a godere di una decorrelazione rispetto ai mercati, mostrano potenziali di rendimento a doppia cifra, a fronte di una scadenza contenuta – indicativamente inferiore ai 5 anni – e alla possibilità di generare flussi di cassa su base continuativa – mitigando l’effetto J-curve tipico degli investimenti illiquidi quali il private equity.  Ancora, consentono il raggiungimento di buoni livelli di diversificazione anche con esborsi limitati e, infine, si prestano ad essere gestiti secondo strategie diverse, in funzione degli obiettivi ultimi dell’investitore, che possono essere di natura finanziaria – p.es. la massimizzazione del multiplo dell’investimento o del tasso interno di rendimento – ma anche di altra natura – p.es. l’acquisizione dell’attivo a garanzia del credito. Da ultimo, ma non meno importante, va certamente menzionata l’abbondanza di offerta sul mercato, che non si limita ai crediti presenti nei bilanci delle banche. In prospettiva, infatti, la quota delle transazioni sul mercato secondario avrà un peso sempre maggiore. Attualmente si stimano quasi 400 miliardi di crediti non perfoming nel Paese, di cui oltre due terzi è fuori dai bilanci delle banche. Non sono scomparsi, sono solo passati di mano.

 

Evoluzione della normativa, rischi e opportunità, cosa ci dice a riguardo?

Legislazione, regolamentazione e market practice stanno portando il mercato verso una sempre più elevata armonizzazione e trasparenza. Queste tendenze consentiranno un aumento della liquidità dell’asset class, accrescendo la facilità di smobilizzo degli investimenti a condizioni più competitive.

Tuttavia, trattandosi di esposizioni verso debitori in una situazione di difficoltà finanziaria, i rischi sono evidentemente molteplici e amplificati rispetto a debitori in bonis.

Uno dei principali rischi è quello di valutazione da parte del gestore: ipotesi oltremodo ottimistiche che non siano fondate su elementi oggettivi o assunzioni poco prudenziali portano ad una sovrastima del fair value del credito, quindi del suo prezzo di acquisto e, a parità di altre condizioni, questo conduce a rendimenti inferiori alle attese. Un altro rischio è connesso alla strategia di gestione del credito, all’appropriatezza delle scelte e alla loro tempestività, che possono pesantemente condizionare il risultato dell’investimento. 

 

Come giustamente ha detto il ruolo del gestore è fondamentale: come vi ponete come Finint Investments nell’attività di investimento in crediti deteriorati?

Il nostro approccio all’investimento si contraddistingue per la profondità dell’analisi pre-acquisitiva e da uno screening particolarmente selettivo. Cerchiamo opportunità che possano dare una pluralità di strategie di uscita e dove il gestore possa apportare valore aggiunto e accrescere i risultati del recupero del credito, anche attraverso un contributo al miglioramento del business del debitore o alla valorizzazione degli attivi – spesso immobiliari – a garanzia del credito. Pur avendo investito per oltre 10 anni in larga parte in crediti verso i quali i cedenti – fossero essi banche o altri investitori – avevano avviato azioni giudiziali per il recupero del credito, in oltre il 70% dei casi abbiamo recuperato il credito tramite accordi bonari con i debitori, talvolta mettendo a loro disposizione ulteriori risorse finanziarie, altre volte rilevando taluni attivi a garanzia dei crediti o supportando i debitori nel superamento delle più ampie la difficoltà finanziarie.

Il principale vantaggio di questo approccio è un aumento della redditività dell’investimento grazie a minori tempi e costi di recupero. C’è anche un vantaggio di riduzione del rischio perché una più elevata rotazione del portafoglio garantisce maggiore diversificazione dello stesso. Aggiungo che anche il debitore ottiene un beneficio perché supera in minor tempo una situazione di crisi potendo pertanto tornare a diventare un soggetto finanziabile.

 

 

Come si compone un team di gestione per questa asset class così particolare?

Sono sempre più richieste competenze trasversali. Nella gestione di questi investimenti c’è necessità di combinare molteplici figure quali esperti di corporate finance, restructuring e immobiliari, oltre che legali. Per la gestione dei nostri prodotti che investono in crediti deteriorati costruiamo team multidisciplinari con professionisti che combinano diverse esperienze e competenze. Questo consente di limitare il ricorso ad advisor esterni, con contenimento di costi, rendendo percorribili operazioni articolate che altrimenti non sarebbero convenienti causa eccessiva incidenza dei costi di transazione.

 

Il contesto macroeconomico come incide sugli investimenti in crediti deteriorati?

Gli operatori che gestiscono NPL hanno registrato una forte contrazione dei flussi di recupero nel corso della pandemia, in larga parte a causa del blocco dell’attività dei tribunali e le aziende più fragili finanziariamente hanno sofferto molto. La nostra strategia d’azione è stata orientata a concedere dilazioni e supportare i debitori per evitare conseguenze irreversibili sulla capacità di onorare i debiti. La scelta ha dato buoni risultati perché nel 2020 siamo riusciti a registrare rendimenti comunque positivi e nel 2021 siamo tornati su rendimenti vicini al 10% annuo, in linea con i target. Lo scenario rimane incerto perché inflazione, rialzi dei tassi e caro energia hanno impatti trasversali su tutti i settori economici, ma non siamo preoccupati, anche perché l’approccio conservativo che adottiamo in sede di valutazione iniziale degli investimenti ci consente di avere dei margini per affrontare le difficoltà. In questi contesti è importante essere flessibili, pronti a modificare strategie in tempi brevi.

Come operatori nel mondo dei crediti deteriorati abbiamo una particolare responsabilità nei confronti delle imprese e di tutto il loro indotto, siano dipendenti, fornitori e stakeholder di varia natura. Nel prossimo futuro abbiamo l’ambizione di continuare a coniugare risultati molto soddisfacenti per i nostri investitori e, al contempo, portare ricadute positive per il sistema economico nel suo complesso.

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