Anche i bravi private banker possono migliorare. Nonostante i clienti si dichiarano soddisfatti. Interpellati sulla qualità del servizio, infatti, definiscono così il proprio banker: competente professionalmente (86%), disponibile a dedicare loro molto tempo (84%), in grado di comprendere le esigenze e suggerire scelte adeguate (83%), chiaro nelle spiegazioni e tempestivo nel fornirle (82%), propositivo e ricco di spirito d'iniziativa (77%).

 

Se invece si chiede ai consulenti di spiegare in quali aspetti ritengono di dover migliorare, secondo un'indagine dell'Aipb, il 61% indica la “capacità di incrementare tutti gli anni il portafoglio clienti e l'asset under management”. La prima area di riflessione per il professionista che opera nel private banking è dunque di natura commerciale: convincere nuovi clienti a preferire se stesso al consulente cui si rivolgono abitualmente. Lo è anche il secondo spunto di riflessione, focalizzato sulle argomentazioni necessarie per persuadere i clienti a trasferire presso la propria banca la quota affidata ai competitor, sulla base di una proposta di valore differente.

 

Se dalle capacità di sviluppo commerciale si passa al tema delle competenze tecniche, il 56% ritiene di non dover migliorare in nessun' area; il 9% indica le tematiche fiscali, una percentuale analoga il segmento creditizio e poi, a scendere, vengono citate l'organizzazione del lavoro (5%), l'area marketing e comunicazione (4%), l'area relazionale (4%) o legale (3%). L'indagine dell'Aipb mostra come i banker scelgano di inserire indicatori di capacità anche in riferimento alle domande aperte: molti, ad esempio, vorrebbero disporre di una maggior confidenza con le nuove tecnologie, essere capaci di gestire la complessità dell'intreccio tra banker e filiali, tra banker e capo area, tra banker e responsabile della struttura o, ancora, ottimizzare l'eccessivo tempo improduttivo sciupato in ambito burocratico.