Si dice Private banking e subito si pensa a banche estere con una storia centenaria o boutique specializzate nei servizi per clienti facoltosi. Ma negli ultimi anni si sono osservati segnali di crescita importante sulla clientela Private proprio da parte di quegli operatori domestici di media e piccola dimensione, che hanno saputo affiancare alla leva competitiva della prossimità una personalizzazione del modello di servizio; in alcuni casi anche attraverso partnership strette con operatori domestici del risparmio gestito. “Questi ultimi possono supportare le banche sotto tre dimensioni”, chiarisce Marco Carreri, amministratore delegato di Anima (nella foto): “quella dei prodotti, garantendo un’offerta estesa e personalizzata e soluzioni che mettano al centro il private banker – ne sono un esempio le gestioni patrimoniali tailor made -; quella della comunicazione, attraverso un linguaggio chiaro e comprensibile; infine”, conclude, “quello della formazione e dell’assistenza”: le sgr italiane possono infatti offrire un supporto operativo e mettere a disposizione team locali, abbattendo barriere linguistiche e geografiche.

 

Il modello che Carreri sembra avere in mente è quello di una banca che voglia concentrarsi sull’attività di consulenza e servizio al cliente e per la gestione si rivolga a partner specializzati, dotati di un’expertise superiore: nell’ambito dei fondi comuni, del resto, la necessità di presentare un’ offerta di tipo multimarca da una parte, la massa critica crescente richiesta per essere efficienti nella gestione dei portafogli dall’altra parte, rende sempre meno praticabile e redditizia la strada dell’internalizzazione. “Le Sgr italiane possono aiutare le banche private a riposizionare i capitali attualmente in risparmio amministrato in soluzioni di gestito efficienti, in particolare nell’area degli investimenti obbligazionari e dei titoli di stato”. 

 

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