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Mouly (Lyxor): “Ecco perché sempre più banker usano gli Etf”

6/25/2014 | pieremilio.gadda

la normativa spinge verso il divieto delle retrocessioni ai canali di vendita. E anche nelle strutture di private banking i replicanti giocheranno un ruolo chiave


“Il private banking è uno dei pilastri della distribuzione degli ETF in Europa. Ma ogni Paese ha le sue specificità”. Matthieu Mouly, Global Head of Sales & Distribution di Lyxor non nasconde che in Italia, ad esempio, il ruolo del private banking nello sviluppo degli ETF è stato rilevante, ma forse meno incisivo che altrove alla luce delle peculiari modalità distributive del nostro Paese. Al contempo l’evoluzione del quadro normativo nel Vecchio Continente, dalla Mifid II, alla RDR (a Retail Distribution Review) nel Regno Unito, fino alle novità introdotte in Olanda a gennaio del 2014, spinge verso una direzione: quella di un progressivo e sempre più diffuso divieto delle retrocessioni ai canali di vendita, con un’adesione maggiore a modelli di “pura” consulenza. “Per gli altri Paesi è solo una questione di tempo”, spiega Mouly, auspicando una rapida evoluzione del quadro normativo anche in Italia, sull’esempio di quanto avvenuto nei Paesi Bassi, dove il divieto dei “rebates”, a distanza di sei mesi, ha prodotto effetti anche più significativi di quelli osservati in Uk.

 

Intanto, anche nel nostro Paese, l'uso degli Etf ha subito una netta evoluzione. Se in una fase iniziale l’uso degli Etf era relegato a mercati di nicchia, poco coperti o del tutto ignorati dall’industria degli strumenti a gestione attiva, ora molti private banker hanno sposato la logica fee only: non sono obbligati a consigliare fondi con elevate retrocessioni e utilizzano abitualmente gli Etf anche per prendere posizione sui listini principali. In una logica di asset allocation, precisa Mouly, il banker utilizza i fondi attivi quando è convinto che un certo prodotto abbia la possibilità di dare valore aggiunto al portafoglio e completa con gli Etf le classi di attivo che restano “scoperte”. “Non dimentichiamo che gli Etf sono prodotti molto semplici da spiegare e hanno costi nettamente inferiori ai prodotti a gestione attiva. Non solo. Diverse ricerche dimostrano che la performance di un portafoglio dipende molto più dalle decisioni di asset allocation che dal market timing e dallo stock picking. Conviene pertanto focalizzarsi sulle scelte allocative e sulla riduzione dei costi”.

 

Su Borsa Italiana i controvalori di negoziazione più significativi si concentrano sui prodotti azionari sviluppati. Ma anche i replicanti obbligazionari stanno guadagnando peso e hanno già superato, in termini di patrimonio gestito, gli Etf sui mercati azionari emergenti. “Ultimamente – conclude Mouly - hanno avuto particolare successo gli Etf short su btp e bund con leva doppia. Ma rispetto ai replicanti azionari con leva, che sono utilizzati come strumento di trading e tattico, gli obbligazionari a leva rispondono prevalentemente a esigenza di copertura (hedging) dal rischio di oscillazione/rialzo dei tassi”.

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