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11/4/2017 | Nunzia Melaccio
L'approssimarsi della deadline entro la quale gli intermediari dovranno adeguarsi alla disciplina MiFID II accresce l’attenzione degli operatori sulle concrete azioni da realizzare per arrivare pronti al via. La nuova disciplina pone, in particolare, taluni dubbi applicativi nei confronti dei gestori collettivi. Difatti, i fund manager sono esclusi dalla MiFID II (fatta salva l’ipotesi in cui prestino servizi di investimento) ma, punto ormai chiaro, sono destinati a rientrarci per consentire agli operatori destinatari della MiFID II con cui sono in relazione di conformarsi agli obblighi imposti dalla nuova disciplina. Tale circostanza assume particolare evidenza nella relazione tra gestori collettivi e distributori.
Distributori e consulenti sono chiamati, quando raccomandano un fondo di investimento ad ottemperare a nuovi e puntuali obblighi di trasparenza nei confronti della clientela offrendo una rappresentazione puntuale sui costi inerenti il servizio direttamente prestato e lo strumento finanziario (nel caso di specie, il fondo) raccomandato o offerto. In relazione al servizio, dovranno essere comunicate le spese una tantum (es. le commissioni di deposito), le spese correnti (commissioni di gestione, commissioni di consulenza, etc.), tutti i costi per le operazioni, le spese per i servizi accessori (tra cui la menzione dei cosi di ricerca è d’obbligo) e i costi accessori (commissioni di performance). In relazione allo strumento finanziario rientrano tra le voci di costo da comunicare le spese una tantum (es. commissioni di distribuzione), le spese correnti, tutti i costi per operazioni e i costi accessori. Il nuovo regime di trasparenza sui costi impone a distributori e consulenti di adottare processi, organizzativi ed informatici, che gli consentano un puntuale riporto agli investitori. Lì dove il nuovo contesto normativo richiede di garantire e fornire trasparenza anche sullo strumento finanziario, esso rende inevitabile anche un coinvolgimento dei gestori collettivi qualora lo strumento raccomandato o offerto è rappresentato da un fondo comune d’investimento. Non a caso, l’art. 50 comma 4 del già menzionato Regolamento 565/2017 si preoccupa di precisare che “In relazione alla comunicazione dei costi e degli oneri relativi ai prodotti che non sono inclusi nel documento contenente le informazioni chiave per gli investitori (KIID) degli OICVM, le imprese di investimento calcolano tali costi prendendo contatti, per esempio, con le società di gestione degli OICVM per ottenere le informazioni pertinenti”, stabilendo così un principio di collaborazione a cui difficilmente i gestori di OICVM (e di FIA) potranno sottrarsi. I costi a carico di un fondo comune di investimento sono infatti puntualmente elencati nel regolamento di gestione e ulteriormente specificati, anche in termini numerici ove richiesto dalla normativa applicabile, nel prospetto d’offerta, nel KIID (ove previsto) e nelle relazioni contabili periodiche (relazione semestrale e rendiconto annuale sulla gestione). La possibilità di ricorrere a dati stimati, ove non siano disponibili dati effettivi, non è sufficiente a chiarire quali modalità e quali tempistiche saranno richieste da distributori e consulenti alle società di gestione per adempiere ai propri obblighi. La collaborazione dei gestori richiamata nell’art. 50 a titolo esemplificativo (tanto da sembrare quasi incidentale) si concretizzerà dunque in un onere in chiave Mifid II per le società di gestione i cui dettagli appaiono ancora dubbi. Il timore è che i gestori di fondi, pur se esclusi dalla MiFID II, si troveranno costretti ad accettare oneri operativi ed informativi ad alto assorbimento di tempo e risorse per non innescare un confronto con distributori (soprattutto) e consulenti che faccia essenzialmente leva sulla forza contrattuale delle parti coinvolte.
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