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Banche: allarme derivati. Italiane poco esposte

6/20/2012

Secondo uno studio di R&S-Mediobanca sulle «Maggiori banche internazionali» ci sarebbe un grave problema latente riguardo ai derivati e la colpa è anche di Basilea 3


Banche: paura per i derivati e la colpa è anche di Basilea 3.

E' questo l'allarme lanciato da uno studio di R&S-Mediobanca sulle «Maggiori banche internazionali».


 

Il caso

Le venti maggiori banche europee, dallo scorso anno si sono messe a vendere i titoli in portafoglio per alleggerirsi di asset che assorbono capitale di vigilanza, e in compenso si sono gettate sui derivati, che invece sono quasi ignorati ai fini dei ratio patrimoniali.
Risultato: i 5.854 miliardi di derivati che hanno in pancia sono arrivati a contare più della metà del Pil europeo. Per essere più precisi, mentre l'incidenza sul Pil dei titoli in portafoglio è di colpo calata dal 48,1% del 2010 al 40,9% del 2011, quella dei derivati è balzata dal 41,3% al 53,2%. I due terzi sono scommesse sui tassi d'interesse, ma 450 miliardi sono puntati sul "merito di credito", 670 sui cambi.


Il problema

Il problema è il rischio latente. Come tutti ricorderanno, per un "errore" JP Morgan ha perso 2 miliardi di dollari su questi prodotti.
Si calcola che un 10% di perdite sui derivati sarebbe in grado di mangiarsi più della metà del patrimonio di vigilanza delle grandi banche europee, cosa che non succederebbe nemmeno se tutti i crediti dubbi andassero in fumo.
Salvo che, a differenza degli impieghi, i derivati non entrano nel conto. Le perdite però sì. Tanto più che la massa dei derivati è sette volte il patrimonio netto tangibile dei signori del credito.

 

Sguardo alle banche europee

Le due maggiori banche italiane sono relativamente poco esposte sui derivati: Intesa-Sanpaolo per l'8,1% del totale attivo, UniCredit per il 12,7%. Poco esposta anche la britannica Lloyds (6,8%), al contrario di Rbs (35,1%) e di Barclays (34,5%) e di Deutsche Bank (40% dell'attivo).
Da segnalare anche Hsbc con 64,4% dei derivati attivi che ora pesano per un quinto del totale di bilancio, poco sotto le francesi Bnp (23,5%), Crédit Agricole (22,2%) e SocGen (21,5%).
Non mancano le banche elvetiche, che hanno circa un terzo dell'attivo spiegato dai derivati (33,2% Crédit Suisse, 34,3% Ubs).


Le banche americane

Un problema che non riguarda solo l'Europa, anche se negli Stati uniti il fenomeno appare relativamente più contenuto, dato un sistema è più frazionato. Nel novero dei big rientrano solo sette banche made in Usa, i cui attivi sono pari all'87,4% del Pil americano.
Anche qui i derivati sono cresciuti, ma in misura inferiore, passando in un anno dal 26,7% del Pil al 32,8%: in valore assoluto, da 3.886 a 4.954 miliardi di dollari, di cui 380 sul merito di credito e 370 sui cambi.

 

 

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