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6/18/2012 | Marcella Persola
Risparmio sempre più assottigliato. Secondo l'indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2012, realizzata dal Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo è calata la quota delle famiglie italiane che riescono a risparmiare, dal 47,2% del 2011 al 38,7% di quest'anno, in discesa di circa l'8%.
Lo studio basato su un sondaggio Doxa effettuato tra gennaio e febbraio, intervistando 1.053 capifamiglia, correntisti bancari e/o postali, evidenzia anche come le motivazioni al risparmio, oltre che la propensione al questo, siano cambiate. Secondo la ricerca, le motivazioni ereditarie o di trasferimento di parte delle ricchezze ai figli è uno dei must: il 19,5% risparmia per aiutarli, pagar loro gli studi o lasciare un'eredità.
Si conferma in lenta crescita negli anni la motivazione a integrare la pensione (12,8% nel 2012 e 9,3% nel 2005). Difatti, il 43,1% si aspetta una pensione pari o inferiore a 1.000 euro e solo il 9,6 ritiene che sarà superiore a 1.500 euro. Nonostante tale consapevolezza, la quota di sottoscrittori di un fondo pensione, negoziale o aperto, è ancora solo del 10,5%. Il tasso di adesione è maggiore della media fra i trentenni (13,6%), i cinquantenni (14,3%), i residenti nel Nord-Ovest (15,1 per cento), i percettori di un reddito mensile superiore a 2.500 euro (19,6%). Sono preferite (53,2%) le gestioni monetarie, miranti a salvaguardare il capitale.
Se entriamo nel dettaglio degli investimenti, vediamo come la parola d'ordine che guida gli investitori è: sicurezza. Difatti quasi la metà (47,3%) del campione dichiara che investire è diventato più difficile rispetto all'anno precedente: al primo posto (25,7%) la difficoltà a comprendere il rischio legato ai diversi impieghi. Per questo, il principale obiettivo è la sicurezza (53%, contro il 34 nel 1988). Seguono il rendimento immediato (16,6%, segno della necessità di cedole e dividendi in anni difficili) e la liquidità (15,8%). Trascurabile l'obiettivo di crescita del capitale a medio-lungo termine (7%), sia perché subordinato agli obiettivi prudenziali, sia perché nel passato recente le promesse degli investimenti di lungo termine non sono state sempre mantenute. Ulteriore conferma del timore di "sbagliare l'investimento" è anche la percentuale di patrimonio finanziario tenuta "liquida" sul conto corrente.
Coloro che lasciano l'intero patrimonio sul conto corrente passano dal 9,1 al 15%; coloro che detengono in forma liquida almeno metà delle proprie disponibilità passano dal 9,3 al 12,3%.
E così come era da aspettarsi Il 21,7% degli intervistati ha dichiarato di essere un possessore di obbligazioni, che si confermano il principale impiego finanziario degli italiani (in calo tuttavia, la quota era del 24,6% nel 2011). Anche se rispetto al passato cambia l'atteggiamento nei confronti dei bond. Scendono dal 23,7 al 17,8% coloro che giudicano le obbligazioni un investimento sempre sicuro e salgono al 28,5% coloro che lo giudicano molto rischioso. La quota dei patrimoni investita in obbligazioni è del 24,2%, senza variazioni significative per età.
Nessuna variazione invece sul fronte azionario. Gli investitori in equity negli ultimi cinque anni sono il 12,5% del campione (valore identico al 2011). Calano lievemente invece gli investitori nel risparmio gestito, che si attestano al 10,9%. Tra i possessori di fondi comuni il 18,3% è un nuovo sottoscrittore e tra le ragioni indicate sono quella di affidare i propri risparmi a esperti (27%) e ridurre i rischi degli investimenti (26,1%).
E del rapporto con la banca cosa si può dire? L'82,1% degli intervistati dice di avvalersi di una sola banca, il 6,1 ne usa almeno due. In generale, il rapporto con la banca è marcato da significativa fedeltà. e soddisfatto del rapporto instaurato. Il 9,9% si dichiara, infatti, "molto" soddisfatto della propria banca e la stragrande maggioranza (74,6%) "abbastanza" soddisfatto. Il 23,6% utilizza la banca anche come consulente per gli investimenti.
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