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12/9/2024 | Redazione ADVISOR
“In media, sono necessari da 50 a 80 chilogrammi di materie prime minerali, metalliche, agricole ed energetiche, escludendo l’acqua, per supportare lo stile di vita di una persona che vive in un Paese ricco”. Tarek Issaoui, chief economist di Sycomore AM (parte di Generali Investments), spiega che “a questo vanno aggiunti fattori come la digitalizzazione dell’economia e la trasformazione dei sistemi energetici e di mobilità che richiedono costantemente più infrastrutture (server, data center, reti elettriche, impianti di generazione di energia)”.
“Tutto questo - sottolinea il manager - si traduce in una domanda di materie prime in costante aumento che attrae sempre più investitori. Che sia guidata dall’intelligenza artificiale generativa o dall’elettrificazione, questa accelerazione non fa che rafforzare anche la volatilità. Le osservazioni storiche hanno dimostrato che la cosiddetta ‘transizione energetica’ ha finora comportato la sovrapposizione e l’interconnessione di diverse fonti energetiche e il loro intreccio con un numero sempre maggiore di materiali, sia in termini di numero che di volume. La maggior parte di queste nuove esigenze richiede grandi investimenti iniziali in materiali ed energia. Le pale eoliche, i componenti della rete elettrica, le stazioni di ricarica per veicoli elettrici e flotte di auto elettriche faranno sì che le loro curve di emissioni di gas serra si evolveranno più o meno in linea con i loro costi: alte all’inizio durante la fase di costruzione, poi molto più basse durante il loro ciclo di vita. Questo evidenzia un ulteriore paradosso, ovvero la futura decarbonizzazione basata su queste soluzioni tecnologiche richiederà un aumento della nostra impronta di carbonizzazione e la produzione di molte più emissioni di gas serra di quante ne emettiamo già oggi. A ciò si aggiunga la sfida di una fornitura fisicamente limitata”.
Il gestore mette in luce che “all’interno delle materie prime, i metalli hanno caratteristiche fisiche ed economiche specifiche: sono molto più costosi dei materiali minerali (sabbia, gesso, caolino…), a differenza dell’agricoltura, della silvicoltura, delle materie prime di origine animale o bio-sourced, non sono rinnovabili, non sono sostituibili, poiché ogni metallo è un elemento chimico con proprietà specifiche. L’oro non può essere sostituito con l’acciaio, né il germanio con lo scandio, i processi di estrazione e raffinazione sono sempre più costosi - sia dal punto di vista ambientale che finanziario - poiché i migliori siti (cioè i più concentrati) sono già stati sfruttati, le miniere sono infrastrutture complesse, che comportano lavori pesanti in luoghi spesso remoti. Il lasso di tempo tra l’esplorazione e la produzione effettiva è molto lungo: ad esempio, da 15 a 20 anni per nichel e rame. Le fonderie e le raffinerie di metalli comportano infrastrutture pesanti che possono iniziare a ‘consegnare’ solo dopo molti anni. Quindi, l’offerta non può soddisfare immediatamente la domanda. La domanda si adatta all’offerta e il mercato contribuisce al processo attraverso le fluttuazioni dei prezzi. Il grafico seguente mostra le forti variazioni del prezzo del rame negli ultimi 20 anni - tra 3 e 10 USD per kg dopo essere rimasto intorno a 2 USD per kg per diversi decenni”.
“In questo contesto - prosegue l’economista - notiamo che sta emergendo un quadro inflazionistico che alimenterà la volatilità influenzando i prezzi delle materie prime a lungo termine così come la valutazione delle società minerarie e metallurgiche sul mercato azionario. Questi effetti non saranno uniformi, poiché l’intensità della domanda varia a seconda dei metalli e l’offerta non cresce a un ritmo costante.
Come investitori bisogna identificare i metalli, le leghe e i componenti metallici che saranno maggiormente influenzati dalla crescente necessità della nostra economia globalizzata. Gli 11 elementi altamente critici che, a nostro avviso, saranno maggiormente esposti a squilibri sono:
6 elementi ultra-critici: Zinco (Zn), Nichel (Ni), Rame (Cu), Stagno (Sn) e due elementi delle terre rare - Praseodimio (Pr) e Neodimio (Nd);
5 elementi altamente critici: Grafite (C, nome del carbonio che non è un metallo), Silicio (Si, un metalloide), Litio (Li), Tungsteno (W) e un’altra terra rara, Disprosio (Dy).
Questa selezione può essere ampliata ed includere altri 20 elementi chimici che sono semplicemente critici: Platino (Pt), Piombo (Pb), Bismuto (Bi), Iridio (Ir), Tantalio (Ta), Tellurio (Te), Antimonio (Sb), Argento (Ag), Palladio (Pd), Rodio (Rh), Rutenio (Ru), Germanio (Ge), Cobalto (Co), Vanadio (V), Titanio (Ti), Scandio (Sc), Magnesio (Mg), Berillio (Be), Alluminio (Al) e un elemento non metallico, Selenio (Se)”.
Quali le prospettive per gli investitori? “Il disallineamento previsto tra domanda e offerta tenderà ad aumentare la volatilità e i prezzi, generalmente in fasi incrementali (soprattutto durante shock negativi dal lato dell’offerta). Le attività minerarie e di raffinazione dei metalli, una fase essenziale che coinvolge le materie prime secondarie, saranno fondamentali per mantenere un’economia robusta, in particolare per consentire l’elettrificazione, la digitalizzazione e il lungo percorso verso un mix energetico a basse emissioni di carbonio. Inoltre, il settore dei metalli concentra questioni sostanziali ambientali, sociali, dei diritti umani e di governance che hanno il potere di generare rischi significativi. Questi fattori combinati hanno creato un concentrato di opportunità attraenti per chi seleziona gli investimenti in un ambiente così rischioso e volatile: a breve, ci si può aspettare la conferma dell’alto rischio/alto rendimento”.
“La selettività in base ai criteri extra-finanziari ESG - constata l’analista .- è fondamentale come base per l’analisi del rischio. Infatti, questo tipo di investimento rappresenta un perfetto binomio tra l’impatto economico e l’impatto nel mondo reale, in particolare per l’ambiente e la società. A prima vista, usare i termini ESG e aziende di estrazione e produzione di materie prime nella stessa frase può sembrare sorprendente. E a ragione, poiché queste sono attività che generano le maggiori quantità di inquinamento diretto e il 75% delle miniere industriali è concentrato in soli 13 paesi: Russia, Cina, Australia, Stati Uniti, Indonesia, Brasile, Canada, Cile, Sudafrica, Perù, Guyana, Argentina e India. Detto questo, tutto ciò che esce dalle miniere e dall’industria dei metalli pesanti si ritrova successivamente negli oggetti e nelle infrastrutture che utilizziamo quotidianamente. Bisogna considerare che ogni singolo metallo è diverso e unico. Alcuni sono più critici di altri; gli squilibri tra domanda e offerta non si manifestano uniformemente nei segmenti di mercato, e i costi umani e ambientali differiscono notevolmente tra gli operatori del settore e le località dei siti".
“Sycomore AM - conclude Issaoui - utilizza una strategia di investimento basata su un’analisi extra-finanziaria approfondita e orientata agli stakeholder nota come SPICE e su un’analisi ambientale granulare e olistica strutturata attorno al Net Environmental Contribution, NEC. Un ampio universo di oltre 150 società quotate è stato ristretto a una lista di acquisto di 32 titoli basata su criteri regionali, di dimensione, liquidità e criticità. Ulteriori screening di sostenibilità basati su criteri ESG hanno poi ridotto l’elenco a due dozzine di società quotate. Queste includono società minerarie (Imerys, Freeport-McMoRan, Teck Resources Limited e MP Materials Corp., che gestisce la miniera di terre rare di Mountain Pass in California), società integrate di estrazione e raffinazione (Boliden, Eramet), produttori di attrezzature minerarie (Epiroc, Metso Outotec), società di riciclaggio (Befesa, Umicore) e società di raffinazione-riciclaggio (AMG, Aurubis)”.
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