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5/21/2024 | Redazione ADVISOR
La quarta indagine annuale di Robeco su 300 investitori rivela ampie differenze regionali nell’atteggiamento verso gli investimenti climatici. La regione Asia-Pacifico (APAC) marcia spedita, mentre in Nord America si registra un tiepido interesse. La quota di investitori della regione APAC per i quali il cambiamento climatico costituisce un aspetto centrale o significativo della politica di investimento è risultata pari al 79%, superando per la prima volta quella europea (76%). L’entusiasmo, tuttavia, continua a diminuire in Nord America nel quadro delle controversie politiche sul costo percepito dell’integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) negli investimenti; qua infatti solo il 35% degli intervistati ritiene prioritari gli investimenti climatici. Di conseguenza, la media globale è scesa al 62% rispetto al 71% del 2023, ma segnala comunque che la maggioranza degli investitori considera gli investimenti nel clima una priorità.
Lucian Peppelenbos, Climate and Biodiversity Strategist di Robeco: “I risultati del sondaggio mostrano che molti investitori adottano un approccio mirato e diligente al processo di decarbonizzazione dei portafogli di investimento e alla transizione verso l’economia a basse emissioni di carbonio del futuro. Una volta compreso il duro lavoro insito nella transizione climatica, l’ingenuità lascia il posto a una più attenta riflessione e ad un maggior controllo sui passi necessari per incorporare la sostenibilità nei molti aspetti della gestione dei portafogli di investimento.”
Le compagnie di assicurazione si distinguono da altri investitori istituzionali e wholesale per il notevole impegno net zero, forse motivate dalla loro peculiare esposizione al cambiamento climatico su ambo i lati dei loro bilanci. Il 39% circa degli assicuratori ha assunto un impegno pubblico in tal senso e un ulteriore 20% è in procinto di fare altrettanto. A livello regionale, gli investitori nordamericani sono i più restii ad impegnarsi; quasi la metà (46%) ha escluso la possibilità di un impegno net zero, in calo dal 26% dello scorso anno.
Transizione disordinata
Oltre tre quarti degli investitori ritiene che la transizione sarà in qualche modo disordinata, con una carenza di iniziative a livello collettivo. Solo il 15% si aspetta una transizione ordinata in cui i governi e i mercati lavorano insieme per ridurre le emissioni, mentre l’8% si aspetta un “mondo rovente” nel quale si fa ben poco per evitare il riscaldamento globale. A questo proposito, è diminuito il numero di investitori convinti che si possa raggiungere l’obiettivo fondamentale dei 2 °C stabilito nell’Accordo di Parigi. Questo obiettivo è considerato realizzabile solo dal 30% degli intervistati, conto il 38% del 2023, mentre il 41% lo reputa irrealizzabile, a fronte del 30% dell’ultima indagine.
Puntare sulla transizione
Al momento gli investitori destinano più fondi alle strategie climatiche generali che a quelle specificamente incentrate sulle aziende “in fase di transizione”. Solo il 37% investe in strategie che puntano sulle imprese con piani di transizione credibili, anche se la maggioranza (63%) prevede di farlo nei prossimi uno o due anni. La questione della transizione influisce sugli stili di investimento preferiti. Il 45% si avvale di strategie azionarie attive che investono specificamente in società orientate alla transizione, mentre il 43% investe in green bond o in obbligazioni incentrate sulla sostenibilità. Questo approccio è ancora una volta più diffuso in Europa e nella regione APAC.
Lucian Peppelenbos: “La conversione ecologica delle imprese e di altri soggetti, con la decarbonizzazione, non può aver luogo senza il coinvolgimento attivo degli investitori, che premiano le aziende impegnate nel cambiamento e ritirano il supporto a quelle restie o recalcitranti. Un aspetto interessante dei risultati di quest’anno riguarda i sostanziali passi avanti compiuti dagli investitori della regione Asia-Pacifico in materia di sostenibilità, con un maggior sostegno alla transizione climatica”.
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