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I top manager italiani puntano sugli investimenti green

9/12/2024 | Redazione ADVISOR

Secondo lo studio di Deloitte, risparmio sui costi, soddisfazione dei clienti, nuove entrate, innovazione dell’offerta e maggiore resilienza della supply chain sono i principali benefici attesi dagli investimenti sostenibili


Inflazione, tensioni geopolitiche e incertezza macroeconomica non hanno frenato gli investimenti green in Italia. Anzi, negli ultimi anni c'è stato un aumento degli investimenti in sostenibilità e si registrano positivi segnali su un punto dibattuto nell’opinione pubblica: l’azione climatica non è in contrasto con la creazione di valore, piuttosto la guida e anzi guadagna un ruolo centrale nella strategia di molte imprese. È quanto emerge dal CxO Sustainability Report 2024, lo studio di Deloitte condotto a livello globale su oltre 2.100 top manager provenienti da 27 Paesi in tutto il mondo.

“Non c'è alcun segnale di rallentamento nell'impegno delle aziende per la sostenibilità», spiega Stefano Pareglio, Presidente di Deloitte Climate & Sustainability. «I manager intervistati nell’edizione annuale del Sustainability Report non evidenziano conflitti tra il successo aziendale e il contrasto al cambiamento climatico: anzi, l’84% di essi in Italia e il 90% a livello globale ritiene che l’economia mondiale possa crescere senza rinunciare agli obiettivi climatici. E c’è anche ottimismo sul futuro della propria organizzazione: il 93% dei manager italiani e il 92% a livello globale è convinto che il successo aziendale possa andare di pari passo alla riduzione delle emissioni di gas serra”, sottolinea Pareglio.

Il cambiamento climatico rimane la priorità tra le sfide globali per il 44% dei CxO italiani

Il cambiamento climatico rimane la priorità in Italia secondo il 44% degli intervistati (37% a livello global): le organizzazioni italiane ritengono questo problema più urgente rispetto al tema dell’innovazione (40%), alle prospettive economiche (38%), all'incertezza geo-politica (36%), alle sfide legate alla supply chain (33%) e alla competizione tra aziende per i talenti (29%). L’80% dei CxO in Italia dichiara di aver aumentato gli investimenti green rispetto all’anno precedente: nel 15% dei casi l’aumento è significativo, mentre nel 65% dei casi l’incremento è di minore entità ma comunque significativo.

Impatto del cambiamento climatico: per il 69% sarà elevato o molto elevato nei prossimi tre anni

Il 69% dei CxO italiani prevede che il cambiamento climatico avrà un impatto elevato o molto elevato sulla propria azienda nei prossimi tre anni. Tra gli impatti del cambiamento climatico più rilevanti secondo gli intervistati vi sono il cambiamento dei modelli di consumo (64% Italia, 51% media globale), le politiche green adottate a livello nazionale e internazionale (58% Italia, 49% media globale), ma anche l’elevato costo delle risorse (55% Italia e 47% media globale). Inoltre, le aziende italiane segnalano il cambio di passo imposto dalle nuove metriche e dal reporting ambientale (53%), ma anche dall’aumento della pressione della società civile (53%).

L’87% dei top manager italiani è ottimista sul contrasto al cambiamento climatico

Il 76% dei CxO in Italia si dichiara preoccupato per il cambiamento climatico “sempre o la maggior parte del tempo”: una percentuale molto significativa e in notevole aumento rispetto allo scorso anno (59%). L’aumento della preoccupazione tra i dirigenti d’azienda è dovuto all’esperienza diretta di eventi climatici estremi: il 45% degli intervistati nel nostro Paese, infatti, ha vissuto in prima persona alluvioni e/o allagamenti, il 42% siccità e il 31% caldo estremo. Allo stesso tempo, però, gli intervistati risultano anche più ottimisti dell’anno scorso: l’87% degli italiani – e il 92% della media globale – pensa che a livello mondiale verranno adottate misure sufficienti per evitare gli impatti più drammatici del cambiamento climatico.

Azione climatica: secondo il 76% dei manager italiani la pressione degli stakeholder è in aumento

Le organizzazioni sono sempre più sotto osservazione per la loro azione climatica. A esercitare pressione su di loro sono soprattutto gli investitori e gli azionisti (71% Italia, 60% media globale), i clienti e consumatori (65% Italia, 58% media globale), i membri dei CdA (60% Italia, 59% media globale) e la società civile (60% Italia, 58% media globale). Nel nostro Paese, dunque, emerge una pressione da parte di azionisti e investitori più alta della media globale.

I benefici dell’azione climatica: oltre alla reputazione c’è di più

Nonostante queste difficoltà, i benefici generati dall’azione climatica sono numerosi e vanno molto al di là dell’impatto positivo sulla reputazione. Le aziende italiane stanno riscontrando una vasta gamma di benefici, tra cui il risparmio sui costi (44% Italia, 35% media globale), la soddisfazione dei clienti (42% Italia, 38% media global), le entrate provenienti da nuovi business (42% Italia, 35% media globale), l’innovazione dell’offerta e delle operations (40% Italia, 36% media globale), una maggiore efficienza e resilienza della supply chain (40% Italia, 37% media globale). Inoltre, ci sono i benefici attesi per i prossimi cinque anni, tra cui migliori margini operativi (44% Italia, 36% media globale) e una migliore brand reputation e recognition (38% Italia, 36% media globale).

Le azioni per il clima: efficienza energetica, fonti rinnovabili e sostenibilità dei materiali le più diffuse

Le organizzazioni italiane e globali stanno adottando una serie di misure per centrare i loro obiettivi di sostenibilità: tra le più diffuse ci sono l’efficientamento energetico (62% Italia, 49% media globale), l’uso di fonti d’energia rinnovabile (55% Italia, 49% media globale), l’impiego di materiali sostenibili (55% Italia, 51% media globale) e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi rispettosi del clima (49% Italia, 48% media globale). Vi sono, però, anche alcune barriere all’azione climatica: il 27% dei top manager in Italia (17% media globale) dichiara di riscontrare difficoltà nel misurare l'impatto ambientale, il 20% (18% media globale) dice che l’attenzione alle sfide aziendali a breve termine ha la priorità, mentre un altro 20% segnala una mancanza di requisiti per la rendicontazione.

 

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