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Il greenwashing ha le ore contate. Scende in campo l'ESMA

2/12/2022

Tra il 2022 e il 2024 il regolatore condurrà una vera e propria lotta contro la “finta” finanza sostenibile. In primis contro le azioni di marketing poco chiare.


Tempi duri per il greenwashing. Tra il 2022 e il 2024 l’ESMA condurrà una vera e propria lotta contro la “finta” finanza sostenibile. Nei giorni scorsi, infatti, il regolatore europeo ha pubblicato una roadmap che si prefigge tre priorità: la lotta al greenwashing e la promozione della trasparenza; il rafforzamento delle capacità dei regolatori nazionali ed europei in tema di finanza sostenibile; il monitoraggio dei mercati e dei rischi ambientali, sociali e di governance.

 

Di fronte alla costante crescita degli investimenti ESG, infatti, ESMA ritiene fondamentale agire con decisione e con azioni concrete contro il greenwashing che potrebbe "avere un impatto negativo sugli investitori che cercano di fare investimenti sostenibili”. Per questo è necessaria una roadmap che tra il 2022 e il 2024 permetta di “indagare su questo problema, definirne le caratteristiche fondamentali e affrontarlo con un'azione coordinata in più settori, trovando soluzioni comuni in tutta l'UE”. Solo così sarà possibile  “salvaguardare gli investitori”.

 

Per ognuna delle tre priorità ESMA ha identificato i settori in cui i rischi e i problemi legati agli ESG sono attualmente percepiti come quelli che hanno il maggiore impatto potenziale sulla protezione degli investitori, sull’andamento dei mercati e sulla stabilità finanziaria. 

 

Nel dettaglio, tra le varie azioni indicate dall’ESMA per il 2022, spicca la valutazione delle "pratiche di mercato di greenwashing” e una mappatura del ruolo di supervisione dei regolatori nazionali nel settore. Una valutazione dettata dalla constatazione rilevata dal regolatore che, all’interno dell’industria dell’asset management, l'ineguale comprensione del tipo di prodotti che sono soggetti agli articoli 8 e 9 della SFDR “può portare i gestori di fondi a comunicare in modo incoerente ai sensi di questi articoli e causare effettivamente il greenwashing in alcuni casi” si legge nel documento. “Inoltre, la mancanza di informazioni sulle limitazioni relative alla metodologia o ai dati utilizzati nelle informazioni ESG può contribuire all'aumento del rischio di greenwashing”.

 

Non solo. Secondo l’ESMA esiste anche “un mismatch osservato tra l'enfasi posta sulle caratteristiche ESG nella presentazione di un prodotto d'investimento e la strategia che viene effettivamente attuata. Per esempio, la documentazione di marketing si concentra sulle politiche di esclusione che non si traducono di per sé nella selezione di un universo di investimento ammissibile completamente sostenibile, oppure viene presentata una strategia di integrazione ESG ma non viene preso alcun impegno a utilizzare le considerazioni ESG nel processo decisionale di investimento. Questo è un problema che riguarda sia gli investitori istituzionali sia quelli al dettaglio. Quest'ultimo aumenta il rischio di disinformazione, prezzi errati e vendite errate, poiché gli investitori al dettaglio hanno meno risorse per vedere oltre il modo in cui i prodotti vengono presentati loro”. Insomma per chi ancora crede di poter proseguire verso una strada ESG più “brown” che “green” arrivano tempi duri.

 

Photo by Nong V on Unsplash

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