L’entrata in vigore del Regolamento 2019/2088, meglio noto come Sustainable Finance Di-sclosure Regulation (SFDR), è nato con l’obiettivo di rafforzare la trasparenza delle aziende sulle politiche sociali, ambientali e di governance. E per questo ha introdotto una serie di misure volte a chiarire i doveri dei gestori patrimoniali e degli investitori istituzionali in materia di sostenibilità. Il d-day per la svolta introdotta dalla SFDR era il 10 marzo scorso e uno dei primi effetti evidenti ha riguardato la riclassificazione dei fondi in base all’attenzione effettiva rivolta al mondo ESG. In particolare la SFDR prevede che vengano indicati quanti e quali siano i fondi che rientrano nel cosiddetto articolo 8 (ovvero che prevedono un certo grado di attenzione ESG) o nel cosiddetto articolo 9 (ovvero caratterizzati da un forte focus ESG).

 

I dati dell’ultima mappa trimestrale di Assogestioni, relativa ai primi tre mesi dell’anno, indicavano che su 5.419 fondi aperti disponibili solo 1.080 (pari al 20% del totale) rientravano nell’insieme art. 8, mentre solo 125 (pari al 2% dell’intera offerta italiana)rispettavano i criteri dell’art. 9 (articolo ESG, tanto marketing e poca offerta).

 

ADVISOR ha voluto indagare meglio la situazione e chiedere a diverse società di gestione del risparmio presenti in Italia (comprese quelle non associate ad Assogestioni, ndr) di indicare in che percentuale la loro attuale offerta ha obiettivi sostenibili. E a tutte le SGR abbiamo chiesto“in che modo la SFDR può tradursi in uno strumento utile per chi offre un servizio di consulenza finanziaria?” e “quale è stato l’impatto della SFDR sull’attività della SGR?” (Le risposte delle 33 SGR alle due domande sono riportate sul numero di ADVISOR di Luglio/Agosto attualmente in edicola (e disponibile in versione digitale nella piattaforma MyAdvisor).

 

A livello statistico è importante evidenziare un dato significativo: mediamente le 33 SGR che hanno partecipato al sondaggio condotto da ADVISOR vantano un’offerta ESG art. 8 pari al 40% del totale dei loro fondi o delle loro masse gestite, e un’offerta ESG art. 9 pari al 10%. Siamo quindi di fronte a una lista di società che registrano numeri ben più alti della media di mercato per ora registrata da Assogestioni e che, come vedrete dalla tabella pubblicata di seguito vede picchi di eccellenza di player che vantano un’offerta ESG (art. 8 e art. 9) compresa tra l’80% e il 100% della propria gamma prodotti.

 

E ben poche sono le realtà che, tra le 33 che hanno partecipato al sondaggio realizzato da ADVISOR, mostrano invece dati inferiori a quel 20% art. 8 e 2% art. 9 come emerso dalla mappa trimestrale di Assogestioni.

 

Una conferma che per consulenti finanziari e investitori sarà fondamentale sapere guardare oltre l’etichetta, non fermarsi alle semplici dichiarazioni di marketing e saper riconoscere l’“ecologismo di facciata”: di fronte ad una richiesta di “sostenibilità” dei propri clienti è necessario realizzare un’adeguata analisi dell’offerta perché tutti possono essere ESG. Ma non tutti lo sono allo stesso modo. Di seguito un’estratto della tabella pubblicata integralmente sul numero di ADVISOR di luglio/agosto (disponibile in versione digitale nella piattaforma MyAdvisor). Di seguito riportiamo i dati delle società che hanno dichiarato percentuali di fondi/aum art. 8 e art. 9 superiori al 50%.

 

 

Note
(1) dato relativo agli AUM (al 31/05/2021); le percentuali si riferiscono a tutti i fondi e mandati la cui gestione è affidata ad entità del gruppo Algebris.
(3) dati al 28 febbraio 2021
(9) basato sul numero di fondi, non ponderato in base all'AuM. Dati al 21 giugno 2021
(10) Eventuali modifiche all'attuale classificazione tra i comparti Nordea Investment Funds S.A. (NIF SA) sono ancora in discussione e pertanto non è possibile divulgare ulteriori dettagli su questo punto.
(13) dati a fine marzo 2021