L’evoluzione della normativa internazionale che regolamenta il settore della consulenza finanziaria indica chiaramente l’approdo: la netta separazione tra attività di vendita di prodotti e servizi di consulenza. Questo orientamento è frutto della necessità di rendere del tutto neutrale l’indicazione consulenziale dai prodotti consigliati e dunque della soluzione finale al “conflitto di interesse”.  

 

Le modalità per perseguire questo obiettivo sono essenzialmente due: 1) l’obbligo di evidenziare al cliente la tipologia del servizio proposto e, 2) nel caso della proposizione di un servizio di consulenza libero da qualsiasi vincolo, il divieto di remunerazione della consulenza stessa mediante commissioni derivanti dai prodotti corrisposte dalla società emittente.

 

Ciò significa che il cliente deve innanzitutto essere consapevole del tipo di rapporto professionale che intende fruire (consulenza “vera” o forme “di base”) e, nel caso opti per la consulenza, deve concordare direttamente con il consulente, e corrispondere, la remunerazione del servizio ricevuto. Tale soluzione sarà in vigore dal 2012 in Australia e dal 2013 nel Regno Unito ed è del tutto ragionevole ipotizzare una progressiva adesione agli altri mercati, con sfumature più o meno intense. La questione, tra l’altro, è oggetto di valutazione della Commissione Europea nel procedimento di revisione della MiFID (MiFID Review).  Il tutto può tradursi per la professione del consulente finanziario (ex-promotore finanziario) in due scenari completamente opposti: uno di pericolo e uno di opportunità.

 

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