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2/7/2018 | Greta Bisello
Dollaro debole, tendenza del 2017 che è destinata a protrarsi anche per questo anno. Viceversa, euro forte, rafforzatosi nei confronti di tutte le altre valute. Secondo Didier Saint-Georges, managing director e membro del comitato Investimenti di Carmignac è possibile rintracciare in due spinte propulsive questa tendenza. Da una parte il cosidetto effetto boomberang: il 2016 è stato un anno caratterizzato da tensioni per la zona euro. Brexit in giugno, elezioni di Trump a novembre, l'ondata populista sembrava poter rompere gli argini che avevano retto sino quel momento e irrompere in paesi come la Francia e l'Olanda. Dall'altra parte la crescita economica, che è stata molto sostenuta e robusta.
Spostiamoci dall'altra parte dell'Atlantico, Trump pur avendo vinto non ha convinto e se eslcudiamo la faticosa strada verso l'apporovazione della legge elettorale, il programma del presidente ad oggi si è rivelato fallimentare, così che per la prima volta da quasi 10 anni l'Europa ha superato gli Stati Uniti.
Prosegue Saint-Georges l’Eurozona, principalmente grazie alla Germania, registra un avanzo corrente di oltre il 3%, mentre gli Stati Uniti hanno un deficit superiore al 2%, il che costituisce un elemento di sostegno per la moneta unica ma il fattore principale probabilmente è altrove, nello status stesso della valuta. Il quarto spunto è difficilmente quantificabile ma determinate.
Dopo l’introduzione dell’euro, la crisi finanziaria ha interrotto lo slancio entusiastico verso l'idea di moneta unica. Da allora l’Eurozona, ancora fragile, e la sua valuta non hanno più potuto competere con gli Stati Uniti, a maggior ragione dopo che l’Eurozona si era avvicinata al baratro prima economico, nel 2010-2011, poi politico nel 2016. Durante questo lungo periodo, la quota di riserve valutarie assegnata all’euro dalle principali Banche Centrali mondiali si è inesorabilmente ridotta, fino a toccare il livello dal quale era partito al momento dell’introduzione della moneta unica, 18 anni fa. Lo stesso vale per la quota assegnata all’euro dalle maggiori società di asset allocation internazionali, che oggi si interrogano sulle probabilità di successo politico ed economico del nuovo asse franco-tedesco e che ancora non hanno ritrovato la fiducia a lungo termine nell’euro. Ma questo traguardo si avvicina. Questo scenario si fa tanto più concreto quando l'alternativa americana si fa sempre più debole da ogni punto di vista: economico, geopolitico.
Per concludere l'analisi, un indebolimento del dollaro non è così impensabile anzi l'ipotesi diventa sempre più concreta e nel frattempo l’euro ringrazia diventando una delle prime valute a trarne vantaggio, purché la dinamica economica e politica riesca a confermare la “rinascita” della moneta unica.
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