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2/28/2017
Ben Lord, gestore obbligazionario di M&G Investments, condivide cinque riflessioni sull’inflazione.
1. Siamo al punto massimo delle ricadute dei prezzi petroliferi. Tra gennaio e febbraio 2016, i prezzi del petrolio hanno toccato i minimi (34,25 dollari per il Brent il 20 gennaio e 26,21 dollari per il WTI l’11 febbraio), pertanto nei dati di inflazione di febbraio, gli effetti base del prezzo del petrolio risulteranno elevati anno su anno. Questo è uno dei motivi principali per cui abbiamo visto rialzi significativi dell’inflazione negli ultimi mesi.
2. L’avanzata dell’inflazione continua. Negli Stati Uniti, l’indice IPC era allo 0% a settembre del 2015 e al di sotto dell’1% a luglio dell’anno scorso, ma adesso è tornato al 2,5%. L’inflazione europea, che era negativa a maggio dell’anno scorso, a metà febbraio si è avvicinata all’obiettivo della Bce raggiungendo l’1,8%. L’IPC del Regno Unito era negativo a ottobre 2015 e inferiore all’1% nello stesso mese del 2016: a metà febbraio è arrivato all’1,8%, sfiorando l’obiettivo della Banca d’Inghilterra.
3. Il Regno Unito è stato l’unico mercato a deludere le aspettative, che avevano indicato a 1,9% l’IPC e a 2,7% l’indice dei prezzi al dettaglio (RPI). La sorpresa è derivata principalmente dalle forti flessioni di abbigliamento e calzature. Gli sconti dei saldi di gennaio, in calo negli anni recenti, quest’anno sono aumentati sensibilmente. Le voci che risentono di effetti base positivi (carburanti, lubrificanti) e dell’impatto di una sterlina più debole (beni importati) avevano registrato forti rialzi nel corso dell’anno.
4. Nel Regno Unito, l’inflazione è di fatto tornata in linea con l’obiettivo. Questo vale per l’inflazione complessiva, tuttavia, a partire dal mese prossimo, la misura ufficiale dell’inflazione complessiva in Regno Unito sarà l’indice armonizzato dei prezzi al consumo. In base a questo parametro, l’inflazione britannica ha raggiunto il 2% a metà febbraio.
5. Le valutazioni dei breakeven non sono più eccezionalmente scontate. Negli Stati Uniti, il 2% su tutta la curva per la prima volta dal 2014 indica che il mercato obbligazionario si aspetta che la Fed riesca a portare l’indice IPC al 2% in media, da questo punto in poi. Resta il fatto che gli ultimi dodici mesi hanno visto un ampio movimento dei breakeven negli Stati Uniti. Nel Regno Unito, con i breakeven compresi fra il 3,1% all’estremità anteriore della curva e quasi il 3,6% sul segmento a lunga, la ripresa dai minimi della prima parte del 2016 appare considerevole quanto quella vista negli USA. I breakeven a breve termine offrono valore, dato che il petrolio e la debolezza della sterlina fanno presagire un periodo di inflazione nettamente superiore all’obiettivo. Infine, in Europa, i breakeven hanno recuperato terreno, ma sono ancora lontani dallo scontare la raggiunta sostenibilità di un’inflazione al livello obiettivo. Forse si teme che il recente vigore dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) non sopravviva agli effetti base dei prezzi petroliferi.
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