Secondo Ubi l’offerta presentata al Fondo di Risoluzione per le tre good bank (Marche, Etruria e Chieti) permetterà all’istituto di consolidarsi al quinto posto per attivi tra le banche italiane senza comprovare la sua capacità di potenziali acquisizioni nel futuro.

 

Mancano ora solo il benestare della Bce, che ha già informalmente accettato i punti salienti del piano, entro 90 giorni, e quello della Commissione Europea, che è stata impegnata nei giorni scorsi a verificare che non fosse presentata nessun’altra offerta da terze parti. Victor Massiah, ceo di Ubi, assicura intanto che i dividendi non subiranno modifiche.

 

I pro del piano sono ragguardevoli: si prevedono 100 milioni di euro di utile nel 2020 (dopo 130 milioni di euro di perdita operativa nel 2016) e benefici fiscali per l’istituto per circa mezzo miliardo di euro. Inoltre, sorgeranno benefici anche dalle tasse differite: le tre banche dovrebbero avere nel 2020 un Cet1 del 13,5%.

 

Tra gli analisti del settore circolano opinioni in gran parte positive. Secondo Kepler Cheuvreux per Ubi si alzerebbe l’utile per azione già nel 2018 e secondo Citigroup l’istituto otterrà ritorni elevati in funzione della riduzione di rischio e dalla creazione di sinergie. Ma non mancano pareri negativi. Se da un lato per Banca Imi l’operazione accrescerà il valore per gli shareholder, Equita si dimostra più scettica e addita i rischi legati alla non complementarietà delle reti e alla reputazione negativa sugli istituti dopo la risoluzione.