UBI Banca, istituto tornato al centro anche di una nuova bufera giudiziaria, chiude il 2014 con una perdita di 725,8 milioni di euro rispetto all’utile di 250,8 milioni di euro dell’anno precedente, un risultato dovuto principalmente alla contabilizzazione di 882 milioni di svalutazione sull'avviamento ma anche alla politica prudenziale (post AQR) sui crediti che ha portato a rettifiche complessive di 929 milioni nel 2014. Crescono sia il margine di interesse a 1,8 miliardi di euro (+,3,9%) da 1,7 miliardi nel 2013 si ale commissioni nette a 1,22 miliardi (+3,3%) da 1,18 miliardi di euro.

I proventi operativi migliorano leggermente a 3,4 miliardi di euro mentre gli oneri operativi diminuiscono dell’1,6% a 2,1 miliardi di euro portando così il risultato della gestione operativa a 1,3 miliardi di euro (+0,5%). La raccolta diretta totale cresce a 93,2 miliardi di euro dai 92,6 miliardi di fine 2013, mentre la raccolta indiretta cresce a 75,9 miliardi da 71,7 miliardi dell’anno precedente. Positiva l’evoluzione sia del risparmio gestito in senso stretto che si è portato a 30,7 miliardi che della raccolta assicurativa salita a 12,6 miliardi. La raccolta amministrata risulta infine pari a 32,5 miliardi.

Per Victor Massiah, consigliere delegato di UBI Banca, da gennaio stanno arrivando i primi segnali positivi, "soprattutto in termini di crescita degli impieghi". Parlando del piano industriale, Messiah ha detto che è ancora presto per parlare di fusioni bancarie, dopo il decreto del Governo Renzi. UBI Banca, ha spiegato Messiah, non ha mai negato il suo ruolo di "potenziale aggregatore" ma "abbiamo sempre detto che solo e soltanto situazioni che creassero valore per i nostri azionisti andrebbero prese in considerazioni". In ogni caso, "prima di parlare di consolidamento bancario, consolidiamo le regole".