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11/29/2024 | Daniele Barzaghi
L’offerta pubblica di scambio su Banco BPM lanciata da UniCredit poteva avere, sulla carta, tre ostacoli: l’attuale management guidato da Giuseppe Castagna, il Governo in carica che pensava di aver costruito nel filotto Banco BPM-Anima-MPS un polo bancario amico (da cui le reazioni scomposte a mercati aperti, ndr) e la rivale di sempre, Intesa Sanpaolo, non lieta di perdere il primato bancario raggiunto in Europa. Che però Ca’ de Sass non fosse interessata alla partita lo si era intuito già la mattina dopo dell’annuncio dell'Ops leggendo il Corriere della Sera.
E questa settimana, dopo che il chiacchiericcio e i titoli di stampa a effetto iniziavano a calare, Carlo Messina (in foto) ha voluto fare chiarezza sulla posizione del gruppo da lui guidato e, per farlo, ha scelto il palco torinese della tappa conclusiva del tour "L'alfabeto del Futuro 2024".
“Il 40% di Intesa Sanpaolo è italiano ma il 60% non lo è. Ed è l’istituzione, la bandiera italiana. noi siamo il pilastro dell’economia di questo Paese” ha ribadito l’amministratore delegato a quanti, digiuni di basi finanziarie, hanno parlato in questi giorni, pronti ad accusare di scarsa italianità UniCredit da un lato e Banco Bpm dall’altro, tacciando una di essere troppo americana e l’altra troppo francese nell’azionariato. Qualche traduttore automatico deve aver frainteso il concetto di public company.
“Anche perché la dimensione che noi abbiamo è la somma di UniCredit, Bpm e Bper” ha proseguito Messina, evidenziando centralità e ruolo del gruppo da lui guidato. “Mi chiedono se Intesa Sanpaolo farà il cavaliere bianco in questa operazione” riprendendo la formula inglese del nostrano ‘paladino’, senza rimandi al celebre cavaliere nero di Gigi Proietti.
“Intesa Sanpaolo in Italia, purtroppo, ha una tale dimensione che, dal punto di vista dell’Antitrust, non può fare nient’altro” ha ribadito, palesando come da anni semmai i radar del gruppo siano puntati oltreconfine, in attesa della giusta operazione. “Quindi noi non possiamo fare, neanche se lo volessimo, i cavalieri bianchi di nessuno”.
“Non lo potremmo fare” e, sottolineatura non da poco, ha ribadito “a prescindere dal fatto che non lo vorremmo fare”.
“In questi deal a decidere sono autorità di vigilanza e azionisti” (non a caso il numero uno di UniCredit è a Parigi a parlare con i vertici di Credit Agricole, Amundi, BNP, Lazard e AXA, shareholder di Banco BPM, ndr) e, con riferimento alla minacciata Golden share pubblica, “mi sembra difficile argomentare che in questa operazione ci siano elementi di sicurezza nazionale".
Segnalando che l’atteso risiko è ormai definitivamente innescato, con un accenno alla modalità di gestione che ha finora caratterizzato il suo mandato, ha concluso: “Molto importante il ruolo che può svolgere il sindacato, qualunque sia l'esito di questa operazione o di altre che arriveranno, perché ormai é partito un percorso che porterà a delle integrazioni successive”.
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