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10/12/2011
Era l'ultimo Paese a votare l'allargamento del fondo salva Stati «Efsf». L'altro ieri aveva detto sì perfino la «piccola» Malta. Ma ieri la Slovacchia, l'unico Stato dell'Eurozona - insieme all'Estonia (allora parte dell'Urss) - dal passato comunista e filosovietico, ha detto no. E, anche in questo, è stata unica: solo Bratislava - a differenza di tutti altri 16 Paesi della moneta unica - ha sbattuto la porta in faccia al nuovo piano per salvare la Grecia. La bocciatura è stata votata dal parlamento slovacco nonostante il governo - favorevole - avesse messo il voto di fiducia sul piano. Per passare erano necessari 76 «sì», ma ne sono arrivati solo 55. L'esecutivo, quindi, si avvia alla caduta.
Ma per il piano voluto in Europa da «tutti tranne uno» non tutto è perduto. Anzi. Il governo è convinto che ci sarà un nuovo voto con esito positivo probabilmente entro la settimana, e forse a partire già da oggi pomeriggio.
Dietro il «no» e la caduta dell'esecutivo di centrodestra di Iveta Radicova ci sono i 22 deputati del partito liberale SaS, che pur facendo parte della coalizione governativa non hanno partecipato al voto. Se avesse ottenuto il via libera, il contributo slovacco al fondo sarebbe salito a 7,7 miliardi (circa il 10% del Pil), cosa ritenuta inammissibile dai liberali. La Slovacchia è troppo povera - hanno detto - per pagare gli errori degli altri Paesi più ricchi.
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