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10/11/2011
All'inizio di agosto il primo sussurro su Société Générale è un cinguettio: la banca francese già colpita dalla maxitruffa del trader Jérome Kerviel è data per spacciata da un tweet. Il sito di microblogging è il principale colpevole delle voci incontrollate (e infondate) del disastro in Borsa, più dell'articolo del britannico Mail on Sunday che pubblica la stessa catastrofica notizia. Quel giorno le banche francesi crollano sul listino, SocGen perde quasi il 15 per cento.
Qualche settimana dopo, a metà settembre, viene ancora dal social network l'indiscrezione capace di cambiare l'umore dei mercati globali. Zerohedge, tweeter e blogger seguitissimo da chi lavora nella finanza, anticipa una breaking news rilanciata dall'account del Financial Times che ne fa la prima notizia del giornale: un fondo cinese è interessato a comprare debito italiano. Il nostro ministero dell'Economia conferma i contatti, il Dow Jones, che aveva viaggiato in negativo per gran parte della seduta, raccoglie il segnale di fiducia e chiude in rialzo.
Quando un'azione scatta o su un settore piovono le vendite, insomma, il responsabile può non essere un fat finger ma i 140 caratteri rilanciati dalla rete nata nel 2006: «I trader di opzioni, in base ai volumi di put/call, indicano questi quattro titoli come pronti al rimbalzo» suggerisce @Kapitall; «Voci di take over per Cree sul Nasdaq. Non confermate» rivela @RANsquawk.
A guardarlo bene, il matrimonio fra Twitter e la finanza era inevitabile: entrambi veloci e amanti di poche parole, anglofoni di nascita, a loro agio con il tempo reale. Una ricerca dell'Indiana University di luglio sostiene poi che come ogni coppia, quando la moglie sta tranquilla, il marito rende di più. Se Twitter cinguetta poco, la Borsa sta meglio e chiude col segno all'insù.
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