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9/21/2011 | Marco Gementi
Prima che Standard&Poor's facesse la sua mossa a sorpresa nella notte tra lunedi' e martedi' scorso, abbassando il voto dell'Italia, la signora del debito pubblico, Maria Cannata, aveva gia' preso le contromisure con gli investitori internazionali, rispondendo in anticipo alle critiche che di li' a poco sarebbero state sollevate dall'agenzia di rating.
In un meeting riservato sui conti pubblici ha rassicurato sull'impatto dell'aumento dei tassi di interesse: l'Italia non ha ancora nulla da temere.
Anche per questo ieri i mercati hanno metabolizzato quasi subito l'effetto del downgrade.
Nel suo intervento a un convegno organizzato a Istanbul da Nomura nei giorni scorsi, infatti, la responsabile della Direzione II del Tesoro ha precisato che da gennaio ad agosto 2011 la spesa per interessi sostenuta dal governo e' stata pari al 4,8% del pil, in aumento dal 4,53% del 2010 ma comunque al di sotto dei livelli segnati nel 2007 e 2008 (oltre 5%), per non parlare di quelli dei primi anni 2000 (dal 5,5% al 6,5%) e degli anni 90 (con punte dell'11,5%-12%).
Quanto al rendimento medio pagato dallo Stato all'emissione dei nuovi titoli, quest'anno e' stato del 2,99% in aumento dal 2,10% del 2010, ma ben al di sotto dei livelli del periodo 2006-2009 e di quelli segnati negli anni precedenti il 2003.
Non solo. La vita media del debito pubblico si e' via via allungata e ora supera i sette anni, con la conseguenza che un aumento dei tassi di mercato va ad impattare interamente sul nuovo debito lungo un arco temporale appunto di sette anni.
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