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Eurobond, il Parlamento Ue preme

8/30/2011

Popolari e socialisti favorevoli. Le mosse di Trichet per superare il no della Merkel


«I popolari sono compatti, con qualche distinguo in casa francese e tedesca», assicura Mario Mauro, capogruppo italiano Ppe al parlamento Ue. «Nessun problema sulla linea di Socialisti & Democratici», gli fa eco Gianni Pittella, casacca Pd e primo vicepresidente del’assemblea. Verdi e liberali trasmettono sulle stesse onde, il che chiude il cerchio e lascia intendere che gli eurodeputati, seconda camera di fatto nell’imperfetto assetto legislativo dell’Unione, sono pronti a scatenare un’offensiva in favore degli eurobond. O, come la riassume Mauro, «più che per gli eurobond, per un debito europeo».

Oggi è il giorno della prova generale. Il Parlamento torna al lavoro dopo sei settimane di vacanze che hanno fatto storcere non pochi nasi, soprattutto perché l’assenza è avvenuta mentre la speculazione attaccava l’Europa con una violenza senza precedenti (per non parlare degli orrori libici e degli altri malanni planetari). Deputati a ranghi sciolti per obbedire al calendario e iniziativa lasciata ai singoli che hanno continuato a seminare condanne verbali e incitamenti, sperando che questo potesse colmare il vuoto stagionale.

Il 9 agosto alcuni socialisti fra cui Leonardo Domenici, il tedesco Udo Bullman e Pittella - hanno chiesto una riunione straordinaria di crisi. Ottenuta, perché il consenso è stato immediato. Ma non prima del giorno della ripresa di fine agosto, causa burocrazia e varie. L’appuntamento è per le 15, dopo le riunioni di gruppi e coordinatori. Sfileranno alla commissione Economia dell’assemblea il presidente della Bce, Jean - Claude Trichet, il commissario all’Economia Olli Rehn, e il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, tre interlocutori che - sia chiaro - non potevano rifiutare l’invito. Ci si attende il punto sulla crisi, vedere se dopo il panico di metà mese, la quiete apparente sia destinata a durare oppure no. Scontato da parte del trio l’invito a fare le riforme strutturali (sono anni che lo dicono) e farle sul serio, col contorno di appelli per il rafforzamento del governo dell’economia europea e quello delle strategie vere per la crescita di cui si parla troppo solo fra parentesi.

 

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