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Manovra, cosa manca

7/20/2011 | federico leardini

L'opinione di Marcello Messori sulla manovra


Come era prevedibile, l’Italia e l’Europa sono ancora nella tempesta. Memori della determinazione con cui i nonni o i genitori hanno inserito un Paese ancora arretrato fra i protagonisti dell’«età dell’oro» dello sviluppo europeo (1950-’69), gli italiani sono convinti di dare il meglio di sé nei periodi di difficoltà. D’altro canto, la capacità competitiva dei sistemi di piccola impresa durante i difficili anni Settanta e l’aggiustamento macroeconomico per l’ingresso nell’euro fra il 1992 e il 1998 hanno mostrato che il nostro sistema sa adattarsi ai vincoli esterni.

Oggi è venuto il momento di provare che l’Italia non ha smarrito queste prerogative, malgrado si sia lasciata emarginare dai processi internazionali di innovazione e di riorganizzazione produttiva fra la fine del 1998 e il 2000 e si sia condannata a una lunga fase di stagnazione nei primi anni del nuovo millennio. Nelle prossime settimane la capacità dell’Italia di partire dall’approvazione della manovra per affrontare i suoi problemi strutturali sarà, infatti, decisiva non solo per la tenuta del nostro sistema economico e sociale, ma anche per la sopravvivenza di un’Unione monetaria europea che si è mostrata incapace di elaborare una soluzione sistemica per la crisi dei debiti sovrani dei suoi membri periferici e che ha così permesso l’estendersi del contagio al nostro Paese.

Al di là dei giudizi di merito su una manovra inadeguata per il suo impatto temporale e per i suoi tratti recessivi, le vicende della scorsa settimana sono confortanti per il metodo: grazie al presidente della Repubblica, un governo pur dilaniato da tensioni interne e un’opposizione pur in debito di proposte efficaci sono arrivati a un’approvazione rapidissima e hanno contratto un impegno per il pareggio del bilancio pubblico nel 2014. Si tratta di proseguire subito tale metodo cooperativo e di sfruttare l’anno in corso e il 2012 per rovesciare i limiti della manovra con iniziative che sappiano aumentare il potenziale di crescita del nostro Paese, razionalizzare la struttura della spesa pubblica e rendere più efficienti le reti di protezione sociale senza alterare i saldi di bilancio.

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