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7/15/2011 | federico leardini
L’iscrizione sul registro degli indagati è stata fatta qualche giorno fa, appena la Consob ha segnalato alla Procura l’atteggiamento reticente di Salvatore Ligresti a proposito delle trattative per la vendita di azioni Premafin ai francesi di Groupama. E ieri una pattuglia della Guardia di Finanza si è presentata nell’ufficio dell’ex re del mattone di Milano per consegnargli un invito a comparire firmato da uno dei più tenaci mastini della procura milanese in campo finanziario, il pm Luigi Orsi. Ipotesi di reato: ostacolo alla Consob. Un reato apparentemente minore tra quelli economici contemplati dal codice penale ma che potrebbe evolvere in qualcosa di più grave. Dipenderà dall’atteggiamento di Ligresti quando giovedì prossimo si dovrà presentare davanti al magistrato per spiegare ciò che non ha voluto dire ai commissari della Consob a proposito delle oscillazioni del titolo Premafin, la holding di famiglia che controlla FonSai, durante le trattative dell’autunno scorso per la vendita di un consistente pacchetto azionario ai francesi di Groupama.
Secondo i rilievi della Consob, era successo che mentre Ligresti trattava con i francesi, il titolo aveva iniziato una strana altalena che lo aveva alla fine fatto crescere di valore. Merito degli acquisti fatti dal bretone Vincent Bollorè, vicepresidente di Generali e uomo chiave dell’establishment finanziario italiano, tanto che il nostro stesso giornale in novembre segnalò come Bollorè fosse salito al 5 per cento di Premafin. Ma con quali azioni? Il sospetto della Procura è che la «scalatina» di Bollorè sia passata attraverso un pacchetto di azioni parcheggiate in Svizzera in gestione fiduciaria presso una filiale del Credit Agricole ma controllate attraverso una serie di schermature dallo stesso Ligresti, il quale però ha sempre smentito. Se davvero fosse andata così, sarebbe stato come il gioco delle tre tavolette: mentre Ligresti trattava con i francesi di Groupama, vendeva a Bollorè una parte del suo «tesoretto occulto» per assicurarsi che il titolo Premafin salisse di valore o comunque apparisse molto più appetibile del dovuto in modo che i francesi lo avrebbero pagato al prezzo più elevato possibile. Con l’aggravante che, secondo gli inquirenti, il presunto blocco di azioni «occulte» dell’imprenditore siciliano non è mai stato dichiarato alla Consob e che sarebbe stato proprio Bollorè a portare i francesi di Groupama alla trattativa con Ligresti. Trattativa importantissima ancorchè fallita, visto che alla fine Groupama si ritirò, lasciando subentrare Unicredit. Per Ligresti vendere una buona parte di Premafin era infatti diventato essenziale: non è un mistero che l’ex re del mattone sia esposto per centinaia di milioni di euro con le banche e che l’operazione Premafin gli ha permesso di avere un po’ di ossigeno per ripianare qualche debito.
Consob, l’organismo di vigilanza della Borsa, però non si è accontentata degli scarni comunicati dei protagonisti e, allarmata anche dal passaggio di mano di una parte del misterioso pacchetto azionario svizzero (in totale un 10 per cento) di Premafin - che ha costretto a un certo punto Credit Agricole, con un anno di ritardo, a dichiarare di essere scesa al di sotto del 5 per cento, rivelando invece una costante ascesa di Bollorè iniziata a quanto pare fin dal 2009 - ha deciso di fare una ricognizione a «360 gradi» sulla vicenda
Premafin-Bolloré-Groupama convocando i vari attori della trattativa. E mentre i banchieri Alessandro Profumo allora di Unicredit, Federico Imbert per Credit Suisse e Alberto Nagel per Mediobanca, hanno ritenuto di dare i chiarimenti necessari, Salvatore Ligresti avrebbe assunto un atteggiamento vago e reticente, raccontando in sostanza di non ricordare nemmeno chi aveva incontrato perché lui di persone ne incontra assai tutti i giorni. Ora dovrà farsi tornare la memoria davanti al pm.
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