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7/6/2011 | federico leardini
Tasso, emittente, liquidità. Sono i tre fattori che gli analisti ripetono come un mantra quando si devono fotografare i rischi di un investimento in obbligazioni. E sono quindi le principali insidie che un risparmiatore deve conoscere bene se vuole difendere il portafoglio. Il problema è che spesso non si tratta di concetti così immediati: i prezzi di un'obbligazione, per esempio, si muovono in senso opposto rispetto al livello dei tassi di interesse (che sono in ripresa dai minimi storici).
La sensibilità è tanto maggiore, quanto lo è la durata residua dell'obbligazione. Questo espone l'investitore che avesse la necessità di liberarsi del titolo prima della naturale scadenza a venderlo a un prezzo inferiore a quello di acquisto e a subire quindi una perdita in conto capitale. Il cassettista soffrirebbe invece il costo opportunità di rinunciare a un impiego più redditizio del capitale.
In teoria è meno complicato parlare di rischio emittente: se questo si dichiara insolvente, si rischia di vedere svanire i propri risparmi. Ma anche qui la faccenda non è semplice, perché anche senza scomodare i fallimenti (Cirio, Argentina, Lehman e simili) questo elemento può impattare significativamente sulle tasche del risparmiatore. Il mercato percepisce infatti il rischio legato a un debitore, che quindi è costretto a garantire rendimenti più elevati (e prezzi più bassi) per attirare compratori.
Così come non è semplice misurare questo tipo di rischio: i rating delle agenzie (tuttora molto influenti) hanno dimostrato in passato tutti i limiti. Ma anche le alternative più gettonate, i credit default swap (Cds) che sono più immediati perché esprimono in un sol numero (spread) il costo necessario per coprirsi contro il fallimento di un emittente, hanno le loro controindicazioni visto che non sono trattati su piattaforme regolamentate e quindi facili alle manipolazioni.
Il pericolo di gran lunga più sottovalutato dal risparmiatore è però legato alla possibilità di liquidare agevolmente il bond che si ha in portafoglio. Spesso le emissioni sono di ammontare limitato, oppure sono scambiate su mercati regolamentati o non sono quotate affatto: venderle potrebbe essere penalizzante o addirittura impossibile. Una spia della scarsa liquidità di un titolo? Lo scarto fra denaro e lettera (cioè la differenza fra le quotazioni in acquisto e in vendita): quando è particolarmente elevato l'attenzione deve essere massima.
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