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Monti, le colpe dell'Eurozona

6/21/2011 | federico.leardini

Il quadro dei peccati degli Stati dell'Ue, tracciato da Mario Monti. Grecia, Portogallo e Irlanda vanno verso il crack e l'Europa si spacca, stando a guardare le periferie sprofondare e chinando il capo al volere di Germania e Francia


L'incapacita di gestire relazioni diplomatiche efficienti e l'eccessiva defernza verso i grandi: sono queste, secondo quanto scritto da Mario Monti oggi sul Financial Times, le due principali cause del turbamento finanziario che l'Eurozona sta vivendo da mesi a questa parte.

Occhi su Grecia, Portogallo e Irlanda, dunque, ma indice puntato su tutti gli altri 24 Stati che non sono stati capaci di prevenire queste crisi.

In un contesto di sorveglianza reale ed efficace, sarebbe stato possibile per la Grecia arrivare ad un ammontare così ingente di debito? Domanda retorica, che non richiede nemmeno una risposta, secondo Monti.

Ma perchè quando anni fa si pensò all'Eurostat come possibile organismo di controllo per i conti pubblici europei, Germania e Francia si opposero, trainando al fallimento il progetto?

A posteriori, secondo il presidente dell'università Bocconi, forse sarebbe stato meglio, ai tempi, aprire i libri agli indicreti occhi dei funzionari brussellesi, piuttosto che trovarci oggi con una situazione d'emergenza di cui non si vede soluzione.

Questione di eccessivo protezionismo nei confronti dei propri conti interni e di eccessiva deferenza al volere di Francia e Germania.

Come ricorda l'ex Commissario europeo, nel 2003 l'Ecofin stava per emettere una nota contro le due grandi potenze dell'Eurozona, per aver sforato i parametri posti dal Patto di Stabilità; così come fatto l'anno prima verso Irlanda e Portogallo.

Ma il peso politico delle due potenza, spinse la presidenza di turno, l'Italia, a sorvolare sull'azione, decretando di fatto un primo fallimento dell'intero meccanismo di controllo europeo.

Sostanzialmente simile la vicenda della "classifica degli obiettivi raggiunti" promossa dalla Stategia di Lisbona nel 2005, che spingeva perchè fossero resi noti i progressi dei singoli Stati verso l'ottenimento degli obiettivi pattuiti.

Ancora una volta l'obienzione forte di Berlino spinse la Commissione a dismettere la proposta.

Da qui l'appello di Monti al presidente Van Rompuy, perchè siano implementate due decisioni in tempi rapidi: un ampliamento dell'uso della procedura della "maggioranza qualificata inversa" che darebbe alla Commissione maggior peso e una promozione del Parlamento europeo come soggetto attivo nel dialogo economico, per mitigare l'enorme peso che i rappresentanti dei grandi Stati hanno in assemblee chiuse come l'Ecofin.

Se così non fosse, ammonisce Monti, il rischio di nuovi fallimenti per i progetti dell'Ue sarebbero alti e la colpa non sarebbe che dell'inerzia di quegli Stati che stanno a guardare Grecia, Portogallo e Irlanda andare verso il crack.

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