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Bpm, la sfida a Bankitalia

6/21/2011

Scontro tra le sigle sindacali azioniste in vista della riunione di sabato


C'è un dilemma che agita il folto gruppo del sindacato-azionista di Bpm, le quattro potenti sigle che di fatto detengono il potere e comandano la popolare meneghina.

L'appuntamento di sabato prossimo, l'assemblea straordinaria della banca, sarà ad alta tensione: la Popolare di Milano è finita nel mirino di Bankitalia che ha redatto un verbale ispettivo con indicazioni severe, al limite del commissariamento.

Dopo la grande campagna di opposizione alla relazione di Via Nazionale, bollata dai sindacati come un attacco alla cooperativa e all'autonomia della banca, adesso le quattro sigle, la Fabi (la più numerosa e influente nella gestione), la Fisac-Cgil, la Fiba-Cisl e la Uil, devono cercare una difficile quadra in vista di sabato: convincere la base a seguirla in un voto che si preannuncia spinoso e potenzialmente contraddittorio, con un Sì su alcuni punti e un No su altri.

Così, come nel caso della posizione granitica di ieri sulle deleghe assembleari, all'esterno si presenta al mercato una linea unitaria, ma il dubbio è che tra le varie sigle ci sono posizioni diverse. Cui si somma anche uno scontro generazionale tra la vecchia guardia, il quartetto Mauro Scarin, Gianfranco Modica, Franco Zaffra, Roberto Gazzola, e i nuovi capi corrente.

Ieri è emerso che le quattro principali sigle sindacati del credito si sono schierate contro l'aumento delle deleghe assembleari di Bpm da tre a cinque. Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil e Uilca in una nota comune hanno chiamato a raccolta i dipendenti-soci, sostenendo la «necessità di partecipare in massa alla prossima assemblea del 25 giugno, dando un grande segnale di appartenenza e difesa al nostro modello unico di cooperativa» e soprattutto di esprimere «un voto convinto all'ipotesi di modifica dell'articolo 13 (incremento delle deleghe da tre a cinque) «in linea con quanto già espresso nell'ultimo comunicato dell'Associazione amici della Bipiemme, che riportava il proprio deciso disaccordo all'incremento delle deleghe.

L'unico non allineato è il Dircredito, che venerdì aveva invitato i vertici dei dipendenti soci a ripensarci e ad approvare l'aumento delle deleghe. 

Di fronte a quello che viene definito un attacco alla banca-cooperativa, i sindacati hanno bisogno di un fronte comune, compatto e quanto più numeroso possibile. Il leitmotiv del sindacato è la rivendicazione «di aver sempre operato per la difesa e la valorizzazione del modello cooperativo» e per convincere gli indecisi e i dubbiosi, dopo la bufera scoppiata negli ultimi tempi, i sindacati stanno girando l'Italia, con incontri nelle sedi di varie città italiane, per fare campagna elettorale e presentare la propria piattaforma: il road show assembleare culminerà venerdì prossimo a Milano, dove in Piazza Meda, ventiquattr'ore prima del voto, ci sarà il «comizio» finale.

Ma è proprio sulla linea da tenere sul voto che emergono le difficoltà perché per i primi tre punti all'ordine del giorno, di cui il più importante è il maxi-aumento di capitale da 1,2 miliardi di euro, l'intenzione sarebbe quella di votare sì, mentre sull'ultimo punto, proprio l'aumento delle deleghe, potrebbe arrivare in extremis l'indicazione di disertare.

Un crinale difficile su cui muoversi.

Sugli assetti di potere all'interno del sindacato si gioca anche il futuro della banca: a novembre ci saranno le elezioni per rinnovare il parlamentino degli Amici della Bpm, il sindacato-azionista cui spetta poi il diritto di nominare la maggioranza dei consiglieri della banca.

Sarà la cartina di tornasole di quello che succederà la prossima primavera, quando scadrà invece il consiglio di amministrazione dell'istituto e la cui composizione dipenderà proprio dal voto di novembre.

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