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Petrolio, allarme rosso dell'AIE

6/17/2011

Il caro-petrolio non rischia più soltanto di «danneggiare la ripresa economica». L'Agenzia internazionale per l'energia (Aie) ormai parla di ricaduta in recessione.


 

Il caro-petrolio non rischia più soltanto di «danneggiare la ripresa economica». L'Agenzia internazionale per l'energia (Aie) ormai parla di «hard landing» e di «double dip»: un atterraggio pesante, addirittura una ricaduta in recessione.

Il fallimento dell'ultimo vertice Opec – incapace di deliberare un aumento di produzione, nonostante i suoi stessi economisti ne avessero evidenziato l'esigenza – ha esasperato l'allarme su cui già da tempo l'organismo dell'Ocse sta richiamando l'attenzione.


«La situazione attuale – ha dichiarato ieri il direttore dell'Aie Nobuo Tanaka – comincia a ricordare quella del 2008. E tutti sappiamo che nel nel 2008 l'economia mondiale ha subìto un atterraggio davvero molto pesante».

Nell'estate di quell'anno, prima del collasso di Lehman Brothers, il barile aveva superato 147 dollari, un record storico.

Ma non è tanto al ripetersi di una simile escalation che Tanaka fa riferimento: l'analogia riguarda, a suo parere, soprattutto l'assottigliarsi della spare capacity, l'eccesso di capacità produttiva che costituisce un prezioso cuscinetto a fronte di possibili shock sul fronte della domanda o dell'offerta petrolifera.

Shock che oggi si rischiano entrambi, a giudicare dalle nuove previsioni appena diffuse dall'Aie attraverso il bollettino mensile e l'aggiornamento del Medium Term Outlook.
La Libia ormai produce appena 100mila barili al giorno, contro gli 1,6 milioni di prima della guerra, e secondo l'Agenzia le sue forniture non torneranno sul mercato fino al 2014.

Nel frattempo la domanda è destinata ad aumentare, non solo negli anni a venire, ma anche nel brevissimo periodo: nel terzo trimestre, praticamente domani, servirebbero 30,7 mbg di greggio dall'Opec per rifornire le raffinerie nel periodo di massima attività. L'Organizzazione in maggio ne ha forniti 29,2 se si conta anche l'Iraq, non soggetto a quote.

L'Aie «accoglie con sollievo» l'impegno saudita ad accrescere la produzione, ma il suo greggio è di qualità diversa dal libico. E non è detto che basti ad alleviare le tensioni, anche perché la capacità produttiva in eccesso finirà col ridursi a un minimo di 3,1 mbg quest'anno, per restare fino al 2013 quasi sempre sotto 4 mbg: livello che «mette a disagio per la sua esiguità». 


Le potenziali tensioni sui mercati sono evidenti anche se si guarda a un'orizzonte temporale più ampio: nei prossimi 5 anni la domanda globale di greggio potrebbe salire dell'1,3% in media all'anno, portandosi dagli 88 mbg del 2010 a 95,3 mbg nel 2016 (se ci saranno problemi per l'economia si arriverà a 92,8 mbg).

La responsabilità della crescita, che l'Aie vede oggi molto più vigorosa rispetto a quanto stimato un anno fa, sarà esclusivamente delle economie emergenti e per il 40% della Cina, mentre la domanda dei Paesi Ocse calerà di 1,5 mbg di qui al 2016. Nello stesso periodo, grazie allo sfruttamento di risorse più difficili da estrarre, anche l'offerta di petrolio salirà (da 93,8 a 100,6 mbg), ma con un ritmo più fiacco rispetto allo sviluppo dei consumi.
Per i prezzi c'è poca speranza: il Brent resterà inchiodato intorno ai 100 $/ bbl. La media prevista per il 2011-15 è di 103 $ (l'anno scorso l'Aie prevedeva 84 $), con un massimo di 105 $ quest'anno e un minimo di 100,69 nel 2015.

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