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The Economist vs. Berlusconi, atto VI

6/10/2011

Per la sesta volta il prestigioso giornale inglese dedica una copertina al Presidente del Consiglio. Ma il messaggio è decisamente poco lusighiero.


 

«The man who screwed an entire country» l' uomo che ha fottuto un intero Paese.

L'Economist torna ad attaccare Silvio Berlusconi bocciandone senza appello la politica di governo.

Il presidente del Consiglio italiano è tornato in copertina del settimanale britannico in uscita venerdì, a otto anni dal celeberrimo «unfit to lead Italy», inadatto a governare l'Italia, e a cinque dall'altrettanto polemico «E' tempo di licenziarlo».

L'occasione di quest'ultima «cover story» è la pubblicazione di uno speciale di 16 pagine sull'Italia realizzato per l'anniversario dei 150 anni.

L'analisi di John Prideaux, autore del rapporto, lascia emergere un Paese fermo che paga con la «crescita zero» le mancate riforme. «L'Italia ha tutte le cose che le servono per ripartire, quello che serve è un cambio di governo».

 

L'EDITORIALE - «Nonostante i suoi successi personali Berlusconi si è rivelato tre volte un disastro come leader nazionale», si legge nell'editoriale.

Il primo disastro è la «saga» del bunga bunga e il secondo sono le vicende che hanno premier in Tribunale rispondere di frode, truffa contabile e corruzione. «I suoi difensori - spiega l'Economist - dicono che non è mai stato condannato ma questo non è vero.

In molti casi si è arrivati a delle condanne ma queste sono state spazzate via» o per via della decorrenza dei termini o «in almeno due casi perchè Berlusconi stesso ha cambiato la legge a suo favore».

«Ma il terzo difetto è di gran lunga il peggiore - continua l'Economist - e questo è il totale disinteresse per la condizione economica del paese. Forse perchè distratto dai suoi problemi legali, in nove anni come primo ministro non è stato in grado di trovare un rimedio o quanto meno di ammettere lo stato di grave debolezza economica dell'Italia. Il risultato è che si lascerà alle spalle un paese in grave difficoltà. La malattia dell'Italia non è quelle di tipo acuto; si tratta piuttosto di una malattia cronica, che pian piano mangia via la vitalità».

Se fino ad ora, «grazie alla linea del rigore fiscale imposta dal ministro delle finanze Giulio Tremonti» l'Italia è riuscita e evitare di diventare la nuova vittima della speculazione dei mercati, questo non significa che la linea di credito sia infinita.

Un'Italia stagnante e non riformata, con un debito pubblico ancorato attorno al 120% del pil, si ritroverebbe così esposta come il vero problema dell'eurozona. Il colpevole? «Berlusconi, che non ci sono dubbi, continuerebbe a sorridere» conclude l'Economist.

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