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Draghi, no alla ristrutturazione del debito greco

6/9/2011

Chiusura del prossimo Presidente della Bce alle possibilità di ristrutturare il debito di Atene: sarebbero gravi le conseguenze per l'Euro


 

A pochi giorni dal vertice che lo nominerà presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi ha iniziato ieri a tratteggiare la Bce del futuro, perfettamente in linea con i principi sostenuti da Jean-Claude Trichet negli ultimi otto anni, a cominciare dall'opposizione alla ristrutturazione del debito greco.
 
«Una ristrutturazione di uno stato membro della zona euro comporta il rischio significativo di destabilizzare il sistema finanziario, con gravi conseguenze per le prospettive di crescita della zona euro», ha avvertito l'attuale governatore italiano rispondendo per iscritto alle domande dei deputati europei in vista di un'audizione martedì.
 
«Un effetto-contagio significativo su altri paesi membri della zona euro non potrebbe essere escluso», ha aggiunto il banchiere centrale, riflettendo il punto di vista del consiglio direttivo e proprio mentre la questione di una ristrutturazione del debito dei Paesi in difficoltà continua a essere discussa negli ambienti politici ed accademici.
 
Sul fronte macroeconomico e finanziario, «il continuo livello elevato di incertezza, associato a perduranti vulnerabilità, richiede un'analisi attenta della situazione generale e delle sue prospettive», scrive ancora Draghi rispondendo a una delle 39 domande (in un inglese peraltro senza quelle frasi fatte tanto utilizzate a Francoforte in questi anni).
 
Secondo l'economista, questa situazione impone «un elemento di gradualismo nel modificare la politica monetaria» sia essa standard e non standard. Il futuro presidente della Bce afferma che «i valori cruciali» a cui si atterrà nel guidare l'istituto monetario saranno «l'integrità, la trasparenza e la responsabilità».
 
Nel suo colloquio a distanza con i parlamentari europei, l'attuale governatore della Banca d'Italia ha voluto nel contempo riaffermare la stretta ortodossia ai capisaldi della Banca centrale europea, tutta impegnata nella lotta contro l'inflazione nella zona euro, e mostrare una certa concretezza.
 
Nel perseguire la stabilità dei prezzi, Draghi spiega ai deputati di voler essere credibile, indipendente, con un orientamento al medio termine, come precisano gli stessi Trattati Europei, che sia «associato a una dose salutare di pragmatismo» in «un contesto economico e finanziario permanentemente in evoluzione».
 
I commenti sul fronte di politica monetaria giungono in una fase delicata. La Bce ha aumentato in aprile il costo del denaro all'1,25% dopo un lungo periodo di politica espansiva. Oggi il consiglio direttivo dovrebbe annunciare una nuova stretta, probabilmente per luglio. Molti si aspettano altri rialzi dei tassi d'interesse entro fine anno.
 
Nel contesto attuale di crisi debitoria, Draghi è convinto che l'idea di emettere eurobond, pur interessante, non appare possibile perché la responsabilità dei bilanci resta nazionale e servirebbero quindi «importanti cambiamenti istituzionali» che attualmente «appaiono improbabili». L'economista si dice anche «scettico» sulla tassazione delle transazioni finanziarie che comporterebbe una riduzione della liquidità e un aumento della volatitilità.
 
Infine, è interessante notare che il governatore della Banca d'Italia è intervenuto anche nel dibattito sul ruolo della politica monetaria nel prevenire squilibri finanziari. Il banchiere centrale crede che l'uso dei tassi d'interesse possa essere utile per «agire controvento» ed evitare in via preventiva eventuali bolle finanziarie.

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