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Bail-in: gli Stati Ue non sono obbligati a farlo scattare

7/19/2016

Il principio della ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati per ricevere gli aiuti di Stato non viola il diritto Ue ma non è vincolante. La commissaria europea alla Concorrenza: "La sentenza non inciderà sulla trattative per le banche italiane"


Il bail-in è legale anche se gli Stati membri della Ue in casi eccezionali non sono obbligati a far pesare i costi del salvataggio di una banca su azionisti e creditori subordinati prima di un intervento pubblico. Sta facendo discutere la decisione della Corte di Giustizia Ue che in una sentenza ha bocciato il ricorso della Corte Costituzionale slovena legato al salvataggio del 2013 di cinque istituti che ha comportato l'azzeramento del capitale dei soci e dei titoli subordinati. In dettaglio, la sentenza precisa che la comunicazione della Commissione Ue nel salvataggio delle banche slovene, anche se è "valida", non dispensa Bruxelles "dall'obbligo di esaminare le specifiche circostanze eccezionali che uno stato membro invoca". Gli Stati membri, quindi, "conservano la facoltà di notificare a Bruxelles progetti di aiuti di Stato che non soddisfano i criteri" e la Commissione può  “autorizzarli in circostanze eccezionali".

Da una parte, quindi, il principio della ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati per ricevere l'autorizzazione della Commissione a procedere con gli aiuti di Stato per una banca sottocapitalizzata non viola il diritto dell'Unione; dall'altra questa richiesta non può essere vincolante per gli Stati membri che possono agire diversamente, salvo poi vedersela con l'Antitrust Ue. Una sentenza che, a detta di alcuni esperti, potrebbe tornare comoda all'Italia nelle trattative con Bruxelles per il salvataggio pubblico di Mps e altre banche in difficoltà, anche se in merito la commissaria alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, ha precistato che la decisione della Corte di Giustizia "non inciderà sulla trattativa per le banche italiane". La conclusione delle discussioni con l'Italia è "relativamente vicina", ha aggiunto, aggiungendo che "in questi casi ci sono due parti e un numero sorprendente di dettagli" da definire.

Tornando alla decisione della Corte, si legge nel comunicato, i giudici europei ritengono che uno Stato membro non sia "obbligato a imporre alle banche in difficoltà, prima della concessione di un aiuto di Stato, di convertire in capitale i titoli subordinati o di svalutarli, né di impiegare integralmente tali titoli per assorbire le perdite". Tuttavia, in tal caso, "lo Stato membro, come le banche beneficiarie degli aiuti pubblico, si assume il rischio di vedersi opporre una decisione della Commissione che dichiara l'incompatibilità di tali aiuti con il mercato interno". La Commissione, infatti, potrebbe aprire una inchiesta formale per stabilire se uno Stato ha infranto le norme sulla concorrenza non imponendo perdite a creditori subordinati.


La causa ha origine nei ricorsi di risparmiatori sloveni che videro sacrificati i loro bond subordinati nel 2013 quando lo Stato sloveno intervenne per salvare le banche con 3 miliardi di euro. In seguito alla crisi finanziaria mondiale iniziata nel 2007, la Banca centrale slovena accertò nel settembre 2013 che cinque istituti erano sottocapitalizzati. La Banca centrale di Slovenia decise di intervenire direttamente alla ricapitalizzazione, al salvataggio e alla liquidazione degli istituti anticipando di fatto le nuove regole europee (bail-in). L'operazione, autorizzata dalla Commissione europea, comprendeva la liquidazione del capitale degli azionisti e dei titoli subordinati.

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