Quando nel 2001 l'Argentina sospese il servizio del suo debito, il grado di indebitamento del paese era pari a circa il 54% del pil. Il grado di indebitamento della Grecia, ad aprile dell'anno scorso, superava il 130%. Quello del Giappone oltrepassa il 220%. Nonostante questo Standard & Poor's e Moody's continuano a riconoscergli un rating AA- e Aa2. A questo punto, se il grado di indebitamento di un paese non è utile, da solo, ad anticipare l'incombenza di un default, cosa dobbiamo considerare prima di parlare di "fallimento" di uno stato?

 

Secondo un'analisi firmata Oliver Adlre, responsabile del reparto Economia Internazionale di Credit Suisse, sono dieci i fattori che incidono pesantemente sulle possibilità di default di un paese.

Domanda strutturale di titoli di Stato, sviluppo demografico, normativa che aumenta la domanda strutturale di titoli di Stato, fragilità agli shock, stabilità del settore finanziario, indebitamento derivante dalle monete estere, partecipazione all'euro onerosa, inadempimento e volontà di pagamento, volontà di pagare il proprio debito e, infine, geopolitica. Sono questi i dieci elementi di natura politico-culuturale-economica che giocano un ruolo fondamentale nell'ambito del rischio default.

 

L'esperto di Credit Suisse, che spiega nel dettaglio cosa considerare di tutti questi fattori, invita però alla cautela. E' vero che "gli investitori sarebbero felici di ricevere dai loro consulenti previsioni esatte sulla probabilità di default delle economie indebitate" spiega Adler, ma la "loro richiesta di previsione è difficile da soddisfare per i prestiti aziendali e lo è ancora di più quando i debiti riguardano gli stati".