Agli stranieri il rischio-Italia piace. Verso la fine del 2010, gli investitori esteri detenevano ancora il 52,15% dello stock dei titoli di stato italiani: la quota è rimasta stabile l'anno scorso rispetto agli anni passati, sebbene la crisi del debito sovrano nell'eurozona periferica abbia compromesso l'accesso ai mercati di Grecia e Irlanda e mandato in tilt la raccolta internazionale dello stato e delle banche portoghesi.

Nell'ultimo supplemento al Bollettino statistico della Banca d'Italia pubblicato in marzo, la tabella delle consistenze dei titoli di stato rileva alla voce "resto del mondo" nel settembre 2010 un totale di 786,2 miliardi di euro contro i circa 1.512 miliardi di titoli in circolazione. Per il mese di ottobre, ultimo dato disponibile, le consistenze in mano agli stranieri salgono a 800,4 miliardi equivalenti al 52,146% sul totale dei 1.535 miliardi di titoli di stato. 

Per Portogallo, Irlanda e Grecia stando alle ultime statistiche rilevate da Intesa Sanpaolo, la quota in mano agli stranieri orbita attorno al 70% (rispettivamente 76%, 74% e 70%) contro il 52% dell'Italia. Il fatto che "solo" la metà circa dei titoli di stato italiano finisca nei portafogli esteri attenua fortemente il pericolo che le necessità di finanziamento del Tesoro in asta siano influenzate dagli umori altalenanti degli operatori internazionali, dagli scatti di panico e dalle improvvise fughe verso la qualità che hanno caratterizzato il mercato primario dei bond greci, irlandesi e portoghesi.

La capacità di rimborsare puntualmente e integralmente i titoli di stato in scadenza è divenuta fobia nell'eurozona periferica dal 2010.