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3/14/2011
PUNTARE SUL CREDITO - Nonostante la proverbiale pragmaticità del mondo degli investimenti il dubbio resta. Chi crede nelle potenzialità del listino di casa fa esercizio di ottimismo della volontà o si tratta di ottimismo della ragione?
Il recente passato di Piazza Affari giustifica qualche perplessità, anche alla luce del fatto che gli handicap strutturali non sono cambiati. "Ma nel mio caso - commenta Mario Spreafico, direttore investimenti di Schroders Italia - si tratta di ottimismo della ragione, basato su cambiamenti macroeconomici avvenuti nel 2010".
A quali elementi si riferisce?
Quello dello scorso anno è stato un mercato asimmetrico, che ha premiato le aree di forte sviluppo, i paesi emergenti, e le economie più coinvolte in questo processo, a partire da Usa e Germania. L'Italia è stata invece penalizzata per due motivi: l'incertezza sul fatto di appartenere o no al disastrato gruppo dei Pigs e la composizione del suo mercato. Si è ritenuto che le piccole capitalizzazioni e le società finanziarie, che abbondano in Piazza Affari, fossero meno profittevoli di altre.
Questi però sono problemi annosi. Cosa è cambiato?
È cambiato il quadro. In un mese, tra dicembre 2010 e gennaio di quest'anno, si è verificata un'imponente rotazione di mercati e settori. Gli operatori si sono resi conto che alcune aree mondiali erano sopravvalutate e la rotazione ha fatto sì che molti capitali siano tornati a casa. Un rientro che è stato accelerato dalla crisi del Nordafrica.
Verso quali comparti si stanno dirigendo?
La prossima spinta potrebbe arrivare dal settore bancario e da quello assicurativo. Le aziende di credito italiane sono nettamente sottovalutate rispetto ai competitor europei. Ma ci sono anche altre storie interessanti: le piccole e medie capitalizzazioni in genere hanno potenzialità ancora inespresse dai corsi.
Va bene l'ottimismo, ma nei prossimi mesi non mancheranno certamente i nodi da sciogliere...
Il vero punto di domanda riguarda il fatto che la crescita in Europa si consolidi in misura tale da rendere meno pericolosa la condizione dei paesi più deboli, come Grecia e Spagna. Dipenderà dall'andamento delle economie di queste nazioni, ma anche dalle volontà politiche. E naturalmente resta aperto il rischio di possibili estensioni della crisi del Nordafrica, con le prevedibili conseguenze su prezzo del petrolio e inflazione.
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