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3/7/2011
Se emettono obbligazioni, sono costrette a pagare interessi sull'Euribor cinque volte più alti che nel 2008. Se vogliono raccogliere capitale, sono obbligate a farlo a prezzi stracciati. Se vanno sul mercato interbancario, si devono accontentare di finanziamenti a brevissimo termine. Se vogliono cartolarizzare i mutui, non ci riescono proprio. Per le banche italiane raccogliere liquidità e capitale è diventato un vero problema: l'aumento del rischio-Paese, che rende gli istituti di credito nostrani meno appetibili agli occhi degli investitori esteri, sta sottraendo loro ossigeno (cioè liquidità).
Il problema sarebbe gigantesco se gli istituti di credito non avessero due valvole di sfogo: la clientela e la Banca centrale europea. E se non fossero in attesa di un regalo: il rialzo dei tassi in Europa. Perché le banche soffrono, ma alla fine una scappatoia la trovano: far pagare il conto ai più deboli. Famiglie e imprese.
Quando il 5 gennaio scorso Intesa Sanpaolo ha lanciato obbligazioni quinquennali, il mercato ha esultato: l'operazione dimostrava che gli investitori internazionali sono ancora disposti a comprare titoli di banche italiane. Peccato che Intesa sia stata costretta ad offrire agli investitori un "premio" di 175 punti base sopra il tasso swap. Cioè un rendimento del 4,216%. Un anno prima, nel gennaio 2010, la stessa Intesa aveva collocato un bond di identica durata pagando tre volte meno: solo 65 punti base. E stiamo parlando di una delle banche più solide d'Italia. Figuriamoci le altre. Tante non riescono neppure ad emettere un bond, come è accaduto al Banco Popolare. Questo è il problema: dal settembre 2008 ad oggi – calcola McKinsey – le emissioni nette bancarie italiane destinate ai mercati internazionali sono diminuite da 58 miliardi medi annui a 41. Contemporaneamente il costo, per le banche, è quintuplicato da 22 punti base medi sull'Euribor a 100.
Si dirà: non si vive di sole obbligazioni. Peccato che le altre fonti di finanziamento siano altrettanto aride. Non esiste operatore che non denunci le difficoltà che si incontrano a raccogliere denari sul mercato interbancario: qualcosa migliora, certo, ma solo per le banche più solide. Ancora peggio sul versante delle cartolarizzazioni. Ci sono i "covered bond" (titoli anch'essi garantiti da mutui), ma ormai anche su questi gli istituti sono costretti a offrire tassi d'interesse elevati. In secca c'è anche il canale degli aumenti di capitale: negli ultimi anni ne sono stati realizzati mediamente 2,8 l'anno, contro i 4,1 prima della crisi. E lo sconto concesso agli investitori è quasi triplicato. Morale della favola: qualunque strada per finanziarsi è cara e difficile da percorrere.
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