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3/7/2011
FONDI E SOVRANI - Negli ultimi anni il mondo occidentale ha imparato a conoscere i Fondi Sovrani: potenti veicoli d'investimento nati per riinvestire i surplus derivanti dalla vendita del petrolio che sono entrati nei capitali di molte delle grandi istituzioni finanziarie da Piazza Affari a Wall Street.
Molti di questi fondi fanno riferimento a governi di paesi arabi, che in queste settimane stanno vivendo un periodo di profondo mutamento politico.
Da qui la questione sul futuro di questi fondi e della loro direzione, qualora il sistema di governo che fino ad oggi li aveva amministrati dovesse fare passo a nuove realtà politiche, con priorità diverse da quelle precedenti.
"I fondi sovrani non appartengono al Sovrano, ma al Paese" fa notare Carlo Filippini, ordinario di Economia politica alla Bocconi, "Il problema è che spesso nella storia il sovrano deposto è scappato con la cassa, spostando i paradisi fiscali fette ingenti del patrimonio pubblico. E' successo con Mobutu, Bokassa, Noriega, non ci sarebbe da stupirsi se accadesse anche con Gheddafi".
Problema che si lega anche alle ordinanze di sequestro dei beni libici legati al regime, tra cui per l'appunto le quote detenute dalla Libian Investment Authority in molte società occidentali, Unicredit in primis.
Una soluzione non facile dal momento che se da un lato si cerca di tutelare la libertà politica e civile di quei paesi dall'altro si rischia di tirare la zappa sui piedi dei nostri gruppi più importanti, che proprio su questi fondi si sono appoggiati nei momenti di massima crisi
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