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Perché la Borsa non serve più

2/28/2011 | redazione

Crolla il numero delle società quotate nei listini americani ed europei. Nei paesi occidentali sempre meno imprese puntano sui mercati azionari per finanziare il proprio sviluppo.


 

Nel 1997 le società quotate negli Stati Uniti erano 8mila, ora sono a stento 5mila. Nell'Europa continentale alla fine di gennaio del 2000 erano 13mila ora superano di poco i 9mila. Cosa è successo? Proprio negli anni d'oro del pensiero unico, che affidava al mercato che si autoregolava la soluzione di tutti i problemi, la Borsa ha perso sex appeal. Quantomeno nel maturo Occidente, poiché Cina, India, Brasile hanno affidato proprio ai listini, che sono prosperi e gonfi come non mai la costruzione del loro capitalismo nascente. 
 
Tra le due coste dell'Atlantico invece quel meccanismo si è arenato, come se il ruolo delle borse nel sistema economico occidentale non potesse più essere, almeno per una certa fase della storia, quello che abbiamo fino ad ora conosciuto. La loro missione è portare capitale alle imprese, il collegamento tra la finanza e l'economia reale. E' un ruolo fondamentale ma che ha cominciato ad appannarsi. Le borse ormai fanno più soldi con i derivati che con le azioni, e il denaro per arrivare alle imprese sempre più spesso prende altre vie. 
 
Anno dopo anno sono sempre più numerose le operazioni sul capitale fuori mercato. Si preferisce sempre di più spesso aprire il capitale a una platea ristretta di investitori. Il metodo classico con il quale da anni questo avviene è attraverso il ricorso al private equity, fondi sottoscritti da signori affluenti e da investitori istituzionali, che vengono acquisendo quote di capitale nelle aziende. Dietro la fortuna di questi collocamenti privati c'è la trasformazione profonda dell'economia e della finanza la cui radice è nell'evoluzione della distribuzione della ricchezza. 
 
Ma le ragioni del dimagrimento dei listini in Occidente non finiscono qui. Secondo uno studio di Grant Thornton lo svuotamento dei listini rappresenta un grave danno per l'economia americana e ad essere penalizzate sono state soprattutto le piccole e medie imprese che hanno perso importanti opportunità di sviluppo. Secondo lo studio per mantenere la dimensione attuale ci vorrebbero 360 nuove quotazioni l'anno. Ma i numeri delle nuove quotazioni e delle cancellazioni negli ultimi anni sono impressionanti. Al Nasdaq tra il 2008 e il 2009 le nuove iscrizioni sono state 308, le cancellazioni 591; al Nyse le iscrizioni 165 e le cancellazioni 367. A Milano piccoli numeri 17 iscrizioni e 28 cancellazioni, a Londra 258 iscrizioni e ben 790 cancellazioni.
 
L'Italia in tutto ciò fa poco testo, la Borsa è stata poco centrale in passato e poco lo sarà nel futuro. Si caratterizza però, nel suo piccolo, per la ragione prevalente per la quale le aziende finiscono al listino. In relativamente pochi casi l'obiettivo è quello principe, ovvero raccogliere denari per finanziare lo sviluppo, prevale invece quello di raccogliere denari per rimpinguare le tasche del proprietario dell'azienda o per pagarne i debiti. 

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