Il 60% di Biverbanca messo in vendita dal Monte dei Paschi di Siena ha per il momento un solo potenziale compratore, la Banca popolare di Vicenza. Ieri sera, termine ultimo per la presentazione delle offerte non vincolanti all'advisor Mediobanca, c'era in pista soltanto l'istituto berico guidato da Gianni Zonin.

Al punto che, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, Siena avrebbe deciso di prorogare i termini per ricevere qualche altra offerta e garantirsi così più ampi margini di trattativa sul prezzo.

 

Attualmente di concreto c'è solo l'offerta della Popolare di Vicenza, che potrebbe mettere sul piatto circa 200 milioni per aggiudicarsi la quota di controllo. L'istituto berico ha infatti la solidità patrimoniale necessaria per sostenere un'acquisizione di questo genere e per rilanciare Biverbanca nei prossimi anni.

L'operazione, però, non piace alla Fondazione Cassa di risparmio di Biella, che oggi detiene il 33,44% del capitale (l'altro 6,5% è nelle mani della Fondazione CariVercelli). I due enti, presieduti rispettivamente da Luigi Squillario e Fernando Lombardi, sono soci Biver di lunga data e oggi guardano con apprensione alle trasformazioni in atto. Peraltro già la scorsa settimana Squillario aveva auspicato un intervento del Credit Agricole nella partita, lasciando intendere che una banca straniera sarebbe stata un partner più gradito rispetto a un istituto italiano. Ma soprattutto la dismissione della quota di maggioranza potrebbe offrire un'occasione storica alle due fondazioni: riconquistare il controllo della banca, dopo la problematica convivenza con soci venuti da altre regioni. Nei giorni scorsi Squillario si è messo freneticamente in azione per allestire una cordata in grado di comprare il 60% dai senesi. L'obiettivo è raccogliere da imprenditori, banche e istituzioni i 180-200 milioni necessari per chiudere l'operazione, ma lo stesso consulente (ex-promotore) è piuttosto scettico sull'esito.