Derivati: il male dell'economia ma sempre presenti nei pricipali istituti di credito.

 

E' questa la fotografia scattata dal report di R&S Mediobanca che ha indicato, per le 20 maggiori banche del Vecchio Continente, derivati attivi pari a 5.942 miliardi di euro, qualcosa come il 50% del Pil dei Paesi presi in considerazione.

L'ammontare, anche se in calo dell'1,1% rispetto al 2011, è pur sempre di un terzo superiore ai 4.472 miliardi di derivati attivi che gli istituti avevano in pancia nel 2009.
 

Sguardo al settore
Lo scenario europeo è dicisamente variegato: se i derivati attivi detenuti dalle due principali banche svizzere (Credit Suisse e Ubs) valgono oltre due volte il Pil della Confederazione elvetica (il 229%, per la precisione), quelli delle big italiane (Intesa Sanpaolo e UniCredit) raggiungono appena il 17% della ricchezza nazionale.

Uno scarto che sottolinea il peso differente del sistema finanziario in special modo delle attività di trading nell'economia dei diversi Paesi europei e che non necessariamente è una misura del rischio potenziale.

 

Se invece si vuole analizzare il grado di rischio, il confronto da fare è tra la grandezza dell'istituto rispetto ai mezzi propri. I derivati rappresentano oltre il 30% dell'attivo per le banche svizzere (addirittura il 41% in media), per Barclays, Rbs e Deutsche Bank (37,9%), mentre le tre big francesi oscillano fra il 20 e il 23%.
Il confronto fra il valore degli stessi derivati e il patrimonio netto vede il gruppo tedesco al secondo posto in Europa dietro alla solo Credit Suisse con una «leva finanziaria» di 21,2 che si addice forse più a un hedge fund che a una banca tradizionale.