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9/22/2017 | Davide Mosca
L’Europa, e in particolare l’area euro, vivono la più significativa fase di ripresa post-crisi di sempre con outlook in costante miglioramento, grazie anche alla conferma di un atteggiamento accomodante da parte della Bce che non appare destinato a mutare in modo brusco e disruptive per i mercati. “Permane però un fattore di rischio – afferma Stephanie Kelly, political economist di Aberdeen Standard Investments – che è necessario non sottostimare poiché prodotto da premesse, quali ad esempio globalizzazione e aumento delle disuguaglianze, che non sono destinate ad esaurirsi nel breve periodo.” Tale fattore di rischio è costituito dallo scenario politico, tanto interno quanto multilaterale, dei Paesi dell’Unione e in particolare dalla diffusione di movimenti di carattere populista, in aumento sia in termini di numeri assoluti che di raccolta di consenso. “Nonostante la mancata concretizzazione dei rischi legati alle elezioni olandesi e francesi – spiega Kelly – non possiamo considerare archiviata la questione politica, che rappresenta ad oggi uno dei pochi fattori in grado di mettere a rischio una prosecuzione della ripresa in Europa.” Proprio l’Italia, con l’incertezza legata alle prossime elezioni politiche e la possibile ascesa al governo di partiti apertamente anti-euro, è lo scenario guardato con maggiore apprensione dagli analisti di Aberdeen Standard Investments che hanno analizzato nel dettaglio le problematiche istituzionali e politiche relativi al nostro Paese arrivando alla conclusione che non possa essere esclusa con assoluta certezza dagli scenari possibili un’uscita dall’euro nel medio periodo.
Allargando la view a livello globale, Jeremy Lawson, chief economist dell’asset manager scozzese, spiega come la crescita sia oggi più solida e diffusa rispetto al passato, sebbene un rischio di recessione non possa essere ignorato. Lo scenario di base di Aberdeen Standard Investments resta per una crescita globale in linea con il consensus che vede il prodotto interno lordo mondiale crescere ad un ritmo del 3,3% - 3,4% all’anno nonostante l’apprensione per l’ingresso in una fase avanzata del ciclo economico, in particolare negli Stati Uniti. “La questione della durata dei cicli - afferma Lawson - è problematica. Guardando alle precedenti recessioni -prosegue - vediamo come siano seguite ad una crisi puntuale e, nonostante siano certamente presenti disequilibri sui mercati, non vediamo all’orizzonte nessuna singola crisi tanto potente da determinare l’inizio di una recessione.” Il maggiore interrogativo dell’attuale fase di mercato è rappresentato, secondo il chief economist di Aberdeen Standard Investments, dall’andamento dell’inflazione e dalle reazioni di questo fondamentale ad una progressiva riduzione del sostegno all’economia da parte delle principali banche centrali.
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