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Pictet AM, come decifrare le anomalie di mercato

7/19/2017 | Gloria Grigolon

Volatilità di mercato sui minimi ed inflazione core statunitense che, ripulita dagli effetti dell’andamento del petrolio, resta immune all’ottimismo legato alla ripresa economica. Da cosa derivano le anomalie del mercato odierno?


Volatilità di mercato sui minimi ed inflazione core statunitense che, ripulita dagli effetti dell’andamento del petrolio, resta immune all’ottimismo legato alla ripresa economica. A farla da padrona in un contesto globale che guadagna fiducia è ancora una volta l’andamento degli Stati Uniti che, seppur con una disoccupazione ridotta al 4,4%, rileva una qualità del lavoro via via sempre inferiore. Da cosa derivano le anomalie del mercato odierno?

 

Ad interpretare i nodi da sciogliere è Pictet Asset Management che, tramite le parole di Marco Piersimoni, Senior Portfolio Manager del gruppo, ha approfondito quale strategia attuare a fronte dell’andamento a rilento dell’inflazione e di una volatilità sempre più vicina allo zero.

 

 

Assunto come dato di fatto l’avvio di una fase di ripresa, a infondere incertezza sui mercati sono i disallineamenti dei dati macroeconomici: se gli investimenti non saranno infatti affiancati da una crescita dei consumi di pari portata, l’avvio di un nuovo ciclo economico a rialzo potrebbe non essere sostenuto da una fase di crescita di lungo periodo. Il rischio di una recessione nel corso del prossimo anno, così come il timore di una deflazione, conviene Piersimoni, è comunque prossimo allo zero, grazie al venir meno dei timori legati alle elezioni politiche, rivelatesi in molti casi falsi allarmi. Si pensi non solo alle presidenziali europee, ma soprattutto all’azione di Donald Trump che, fondata sull‘idea del protezionismo (che ha contribuito a spingere a ribasso il dollaro), è andata via via mitigandosi. 

Nel valutare il livello d’inflazione, ha proseguito Piersimoni, da valutare con accortezza è l’impatto del prezzo del petrolio. La materia prima, che latita attorno al livello dei 50 dollari al barile, dipende oggi in larga parte dalle dinamiche di una tecnologia marginale di produzione del greggio, lo shale oil, che “fa da livellatore per fasce alte del prezzo” e che fissa il suo punto di break-even nel range dei 50-60 dollari.

 

 

Con una politica monetaria espansiva divenuta sempre meno efficace, le banche centrali, a partire da quella americana, hanno iniziato a muoversi nella direzione di una stretta alla liquidità, che prima di riassorbirsi avrà però bisogno di più tempo. L’eccesso di disponibilità, tradottasi in un afflusso di nuove risorse sui mercati finanziari, ha condizionato anche l’andamento della volatilità, che nel caso dell’azionario Usa ha raggiunto un livello medio del 7%, solitamente associato al comparto obbligazionario; questi, a sua volta, ha toccato assieme col mercato valutario livelli poco sopra lo zero. 

Da contro, ha evidenziato Piersimoni “la volatilità degli utili è in ripresa: quella forward per i prossimi 12 mesi è attesa all’11% in Usa e al 13% in Europa, con livelli ancora più alti per gli emergenti”, ove la crescita economica viaggia ancora a ritmi inferiori. A fronte di ciò, “una delle strategie più appetibili del momento è vendere la volatilità implicita e incassare la differenza tra questa e quella realizzata, una strategia tipica di chi fa arbitraggio, ma che ora si è insinuata anche in prodotti long only o multi asset”.

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